giovedì 12 luglio 2018

GERARD COURANT. UN AMICO.

Gérard Courant è un cineasta e poeta francese, è un amico perché
anche lui crede nel volto umano, crede che il volto umano sia
il paesaggio più misterioso della Terra, un paesaggio che ci chiama
sempre in causa, che ci interroga, che ci guarda.

Ha realizzato il film più lungo della storia del cinema: Cinématon.
Anche se dovrebbe esserci un regista danese che ha fatto un film
ancora più lungo, ma per ora non ci occuperemo della Danimarca.
201 ore di film. Una serie di ritratti(6900) che ha realizzato a
partire dagli anni Settanta, visti uno dietro l'altro formano questa
durata "folle" secondo i canoni vigenti. In realtà la visione di un
film non dovrebbe avere restrizioni, se non quella vescicale, ma
basta munirsi di un pappagallo per fare la pipì e per la cacca...
per la cacca ancora non so, magari un mini cesso chimico.
La fisiologia è una gran puttana, comunque.

Ogni singolo ritratto dura tre minuti e venticinque secondi, la durata
della bobina della cinepresa di Courant, ed è muto.
In seguito la durata si è dilatata, ma non di molto, non credo
che superi mai i 5 minuti. Ovviamente non ho ancora visto
tutto il film e non posso essere sicuro di questo.
Chi viene ripreso può fare quello che vuole: dormire, fumare,
mangiare banconote, chi lo sa? magari anche andarsene
e lasciare il vuoto a lottare con l'eco e la persistenza del volto.
In teoria è un progetto infinito, senza fine, un progetto in divenire.
Il volto viene "congelato" dalla cinepresa in un preciso momento
"storico". Ed è il volto di una persona più o meno celebre.

La mia poetica è diversa, a me interessa il volto "comune", il
volto non riconosciuto, e proprio perché non riconosciuto, volto
tout court, enigmatico e inafferrabile. Mi riconosco proprio
nell'estraneo. Nel fuggitivo. In ciò che mi sfugge ma mi viene
incontro. Detto questo è un progetto interessante, un progetto
che sfida la pazienza dello spettatore, spettatore abituato e
manipolato dall'industria a subire una certa durata codificata.
Lo spettatore industriale riconosce come film solo un determinato
prodotto, ed ha paura dell'ignoto di un film sperimentale che lo sfida,
che lo chiama a superare le convenzioni della percezione.
C'è una forma di crudeltà in ogni film sperimentale, dove c'è
un esperimento c'è anche una cavia. Ma questa è l'unica
forma di crudeltà che ci piace, la crudeltà che ci chiama
a superare i nostri confini, i nostri limiti così rassicuranti.
E un volto noto, ripreso frontalmente, in assenza di suono,
può subire una sorta di trasformazione e rivelare la parte
ignota di se stesso. Ed è questo il valore del progetto di Courant.


















1 commento:

Anonimo ha detto...

Quante volte in 4 minuti la bella, piccola julie, avrà pensato al cazzo? io penso svariate volte. Ahaha