giovedì 25 agosto 2022

LA FICA INVINCIBILE

Carolina Polanco era una fica stratosferica, di quelle che fanno girare la testa anche ai preti e alle
suore, e agli assicuratori. Quando camminava (ondeggiava) per strada aveva la certezza che tutti
gli uomini sfiorati avrebbero fatto carte false pur di scoparla, tradito la moglie, forse i figli e chissà
quali altre nefandezze. Era una fica magnetica, gravitazionale ma soprattutto era crudele.
Confidò a un'amica: "Gli uomini cadono ai miei piedi, hanno fatto di tutto per me, si sono umiliati
in tutte i modi e io mi sono divertita a umiliarli, uno l'ho quasi ucciso a furia di prenderlo a schiaffi
sulle palle, e quello mi era anche riconoscente, e non era mica un masochista, no, era un uomo
normalissimo che subiva tutto pur di scoparmi, altri sono andati in rovina per me a furia di regalarmi
brillanti, rubini e smeraldi, tutti erano disposti a lasciare la propria moglie per una notte di sesso
con me, non una vita, una notte, ma c'è una cosa che si sono rifiutati di fare, nessuno escluso,
pur con tutte le scuse del caso, si sono rifiutati di tirare un pugno nel volto della propria madre,
voglio vedere se riesco a trovarne uno, questi mammoni del cazzo, li odio". Un giorno la perfida
Carolina Polanco, di origini colombiane, trovò un signore distinto di mezza età che le disse: "Devo
tirare un pugno in faccia a mia madre, alla mia adorata madre, per scoparla? Ok, ma voglio il suo
culo signorina, il suo culo a mia disposizione per tutta la notte". Carolina ci pensò sopra, il culo
era ancora vergine, non l'aveva mai dato a nessuno per disprezzo verso gli uomini, ma accettò,
era entusiasta, un uomo avrebbe dato un pugno in faccia alla madre per lei, ne valeva la pena.
Fu stipulato l'accordo con tanto di testimoni, Carolina volle accertarsi all'anagrafe che non si
trattasse di un'attrice assoldata ma della vera e propria madre del signore distinto. Ci fu un
invito a cena a casa della madre, una villa moderna e miliardaria , e la cena fu servita nella veranda 
da camerieri impeccabili, erano in tre a tavola: Carolina, Alberto De Grandis e la contessa De Grandis.
Anche la contessa era soggiogata dal fascino di Carolina Polanco che per l'occasione indossava
un vestito bianco come la luna, con uno spacco infernale, e al collo brillava la sua collana più
malvagia: la famiglia di un banchiere andata in fumo, tre miolioni di euro di collana.
Carolina si accertò durante la cena del reale affetto che scorreva tra la contessa De Grandis e
il figlio. Finita la cena, andarono davanti al camino per degustare uno sherry rarissimo.
La contessa era una vecchietta piena di dignità e di tenerezza, ma sembrava malata, tossiva
ogni tanto, e questo rendeva la scommessa ancora più interessante agli occhi della diabolica
Carolina Polanco. Ora, alcuni lettori piuttosto ingenui si aspetterebbero un colpo di scena
a questo punto del racconto, invece no. Alberto poggiò sul tavolino il suo sherry, si alzò,
raggiunse la madre che stava seduta vicino al camino e colpì con una forza indicibile
il volto illuminato dalle fiamme della contessa De Grandis, la quale stramazzò al suolo
perdendo sangue copiosamente, il fuoco ebbe un guizzo luminoso, poi prese di
forza Carolina e la gettò sul tappeto persiano, la girò, le strappò di dosso il vestito bianco
e la inculò senza pietà fino al coito estremo, mentre la contessa De Grandis si lamentava
e riuscì a dire solo "figlio mio, figlio mio, che cosa hai fatto?" prima di lasciare la sua villa,
la servitù e questo mondo assurdo, esalando l'ultimo stupefatto respiro nobiliare. Alberto
si abbottonò i pantaloni, chiamò il maggiordomo e fece accompagnare alla porta una
Carolina Polanco distrutta e dolorante, ma felice del suo smisurato potere sugli uomini.
"Jervis, ora chiama un'autoambulanza per mia madre, anche se credo sia ormai troppo
tardi". Alberto si sedette sulla poltrona davanti al camino, aveva una lacrima che gli
brillava sul viso e una goccia di sperma stillante dalla sua cappella arrossata che gli
macchiò le mutande. Tirò fuori dalla tasca una pipa, l'accese. Che inculata cosmica, pensò,
mentre le sirene dell'ambulanza si avvicinavano alla villa urlando nella notte.

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