A CENA CON NICOLINO

Mi sento un privilegiato. L'amicizia con i poeti non la cambierei per nulla al mondo.
Ricordo quando dopo avergli fatto il primo video ritratto volle da me 50 euro.
"Nicolino, 50 euro? Cazzo! Sei tu che dovresti pagarmi!". Eravamo in macchina,
davanti alla mia pensioncina di via Ottaviano 73. Tirai fuori 50 euro quasi scocciato!
Che cazzo di regista sono che devo pure pagare! Pensai. Nicolino li prese con un
sorriso ineffabile! Col senno di poi, altro che 50 euro! Per me è stato meglio
dell'università, mi insegnava la vita con la sua voce e la sua anima. Alla fine,
quando Nicolino era in ospedale, mi stava riuscendo il capolavoro, portare Silvano
Agosti in ospedale a trovare un amico con il quale aveva avuto un litigio
tremendo a causa del fumo, una promessa di smettere di fumare che Nicolino
non aveva mantenuto, e Silvano non lo aveva perdonato. Ma si amavano, anche
a distanza. Silvano al telefono mi disse: "Facciamo come vuoi tu, andiamo".
Nicolino morì il giorno dopo. E quando andai a trovarlo nella camera mortuaria,
surgelato, cadavere, con un'espressione indispettita per l'avvenuta morte,
quasi volesse scacciarla con una smorfia del volto, come si scaccia una mosca.
Accarezzai i suoi capelli fini, lo accarezzai con amore. E per sempre.
Fuori il figlio Alessandro con qualche amico, un mazzo di rose bianche di carta,
e due bottiglie di vino. E Roma, rimasta orfana di un poeta.