sabato 20 luglio 2019

CI SONO QUELLI

Ci sono quelli che dicono che non siamo mai stati sulla luna
(la NASA è solo una copertura, in realtà si fabbricano apriscatole),
ci sono quelli che dicono che Elvis e Jim Morrison sono ancora vivi
(vivono sotto mentite spoglie e non sono mai stati così veri),
ci sono quelli che dicono: tira uno schiaffo a tua moglie appena
rientra a casa, tu non sai il perché ma lei lo sa (la solita scusa per
menare chi ci vive accanto e avere la coscienza a posto, come se
desiderare il sesso con altri fosse una colpa e non una meraviglia),
ci sono quelli che vedono complotti ovunque ma non sanno vedere
la semplicità della vita: siamo stati sulla luna, Elvis e Morrison sono
morti e siamo tutti dei cornuti, e in fondo la vita è più bella così.

22 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sembra un po' poco come omaggio alla luna. Ci si potrebbe scrivere roba da far piangere i sassi. Ma te non sei capace.

Anonimo ha detto...

"La sera ho tanta voglia di pisciare
Dalla finestra mia contro la luna.
Azzurra luce, luce tanto azzurra!
In quest’azzurro anche il morir
Non duole." Esenin spaccava!

Anonimo ha detto...

Si può dire che il primo passo sulla luna lo ha fatto Esenin.

Anonimo ha detto...

E giù il cappello. Latrine.

Anonimo ha detto...

Domestiche, contadine, bagnanti, beghine, e frustrate. Zitte!

Anonimo ha detto...

Manco capaci di capire che avete il ciclo tarato sulla luna.

attimiespazi ha detto...

TINTARELLA DI LUNA

L'azzurrognola, esangue
fronte della casa
si alza sopra di me
come una parete di ghiaccio

e il remoto,
solitario
verso di un gufo
mi si avvicina in volo.

Socchiudo gli occhi.
Sull'umida
oscurità del giardino
fiori ondeggiano
avanti e indietro
come palloncini.

Gli alberi solenni,
ciascuno sepolto
in una nuvola di foglie,
paiono persi nel sonno.

E' tardi.
Sdraiato sull'erba
a fumare,
mi sento a mio agio,
fingo che la fine
sarà così.

La luce della luna
mi cade sulla carne.
La brezza
è un bracciale al polso.

Vado alla deriva.
Rabbrividisco.
So che presto
arriverà il giorno
a lavare via la macchia bianca
della luna,

e che io camminerò
sotto il sole del mattino
invisibile
come chiunque altro.

(Mark Strand - per Donald Justice)



attimiespazi ha detto...


https://www.youtube.com/watch?v=_FrdVdKlxUk

Anonimo ha detto...

Esenin Maiakovskij o Bukowski. Il resto è solo merda!

attimiespazi ha detto...

XXIII - CANTO NOTTURNO Dl UN PASTORE ERRANTE DELL' ASIA

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?

Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.

Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.


>>>

attimiespazi ha detto...


Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E' funesto a chi nasce il dì natale.

(Giacomo Leopardi)

attimiespazi ha detto...

il primo passo sulla luna lo ha fatto Leopardi.
gli altri dopo, molto dopo, piccoli passettini..

Anonimo ha detto...

Brava Attimi

Anonimo ha detto...

Leopardi ci zoppica, Esenin ci pisciava.

Anonimo ha detto...

Attimi so sicuro che ti sei fatta pisciare.

attimiespazi ha detto...

tieniti le tue sicurezze se ti fanno sentire sicuro,
cucciolo senza luna..

Anonimo ha detto...

Confrontare
Leopardi con Esenin è come fare una gara tra vodka e grappa. Non c'è storia.

Anonimo ha detto...

Potrei andarci avanti un mese a vodka, e invece mi verrebbe la nausea al secondo giorno di grappa.

attimiespazi ha detto...

@Freddy Fosca
i gusti sono gusti,
ma resta il fatto che "il primo passo sulla luna" - come intendi tu - lo abbia fatto Leopardi.
Esenin, nato dopo Leopardi, nella sua poesia accenna alla luna solo in una strofa; Leopardi, invece, gli dedica un'intero magnifico canto, interrogandola. devo dire che è uno dei suoi canti che preferisco, insieme a Il Passero Solitario.
ora ti posto in una finestra successiva la poesia intera di Esenin, da cui hai tratto il brano da te evidenziato.
le poesie andrebbero lette per intero,
non a smozzichi. sei d'accordo?

ciao..

attimiespazi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
attimiespazi ha detto...

CONFESSIONI DI UN TEPPISTA

Non a tutti è dato cantare,
Non a tutti è dato cadere
Come una mela ai piedi altrui.
È questa la più grande confessione
Che possa fare un teppista.Io vado a bella posta spettinato,
Col capo, come un lume a petrolio, sulle spalle.
Mi piace rischiarare nelle tenebre
Lo spoglio autunno delle vostre anime.
Mi piace che i sassi dell’ingiuria
Mi volino addosso come grandine
Di eruttante bufera.Allora stringo solo con le mani più forte
La bolla dondolante dei capelli.
M’è così dolce allora ricordare
Lo stagno erboso e il fioco stormire dell’alno,
Che ho un padre e una madre lontani,
Cui non importa di tutti i versi miei,
Cui son caro come un campo e la carne,
Come la pioggerella,
Che a primavera fa soffici i verdi.Loro verrebbero a infilzarvi
Con le forche per ogni vostro grido
Scagliato contro me.
Poveri, poveri genitori contadini!
Siete di certo diventati brutti,
Temete Iddio
E le viscere palustri.
Poteste almeno capire
che vostro figlio in Russia
è il miglior poeta!Non vi brinava il cuore
Per la sua vita,
Quando coi piedi nudi si bagnava
Nelle pozze autunnali?
Ora invece cammina in cilindro
E scarpe di vernice.Ma vive ancora in lui l’antica foga
Del monello campagnolo,
Che ogni cosa vuol rimettere a posto.
Ad ogni mucca sulle insegne di
macelleria
Egli manda un saluto di lontano.E incontrando in piazza i vetturini
E ricordando l’odore di letame
Dei campi natali,
È pronto a reggere la coda a ogni
cavallo,
Come lo strascico d’un abito nuziale.Io amo la patria,
Amo molto la patria!
Anche se copre i suoi salici
Rugginosa mestizia.
Mi sono cari i grugni imbrattati dei maiali
E nella quiete notturna la voce
Risonante dei rospi.Io sono teneramente malato
Dei ricordi d’infanzia,
Sogno la bruma
Delle umide sere d’aprile
come per riscaldarsi
Il nostro acero si è accoccolato
Al rogo del tramonto.
Quante volte mi sono arrampicato sugli
rami a rubare le uova dai nodi dei corvi!
È sempre lo stesso, anche ora,
Con la sua cima verde?
La sua corteccia è dura come allora?E tu, mio prediletto,
Fedele cane pezzato?!
Per la vecchiaia ora sei stridulo e cieco
E vaghi nel cortile,
Trascinando la coda penzolante,
Senza più ricordare
Dove sia la porta e dove la stalla.Come mi son care quelle birichinate,
Quando ho rubato alla mamma un
cantuccio di pane,
Lo mordevamo insieme, uno alla volta,
Senza lasciar cadere una briciola
L’uno all’altro.Io non sono mutato.
Non è mutato il mio cuore
Come i fiordalisi nella segala,
Fioriscono gli occhi nel viso.
Stendendo stuoie dorate di versi,
Sì, voglio dirvi una parola tenera.
Buona notte!
A tutti, buona notte!Più non tintinna nell’erba del crepuscolo
La falce del tramonto.
La sera ho tanta voglia di pisciare
Dalla finestra mia contro la luna.
Azzurra luce, luce tanto azzurra!
In quest’azzurro anche il morir
Non duole. Che importa
Se ho l’aria d’un cinico
Dal cui sedere penzola un fanale!Mio vecchio, bravo Pegaso spossato,
M’occorre forse il tuo morbido trotto?
Io son venuto come un maestro austero
A decantare e celebrare i sorci.
E la mia testa, simile a un agosto,
S’effonde in vino di capelli ribelli.E voglio essere una gialla vela
Per quel paese verso cui navighiamo.

(Sergej Aleksandrovič Esenin)

Anonimo ha detto...

Brava Attimi