mercoledì 6 ottobre 2021

IL PROGRESSO SPIRITUALE

Mio zio Roberto Farina è stato un personaggio vitale della Roma
degli anni Settanta e Ottanta, e in particolare della Roma del sindaco
Renato Nicolini. Molti ricordano ancora l'Estate Romana, alla quale
mio zio diede un contributo fondamentale con le sue fantasmagoriche
rassegne cinematografiche, è rimasta negli occhi la proiezione del
capolavoro di Abel Gance, Napoleon, su tre schermi giganteschi
contemporaneamente. Per non parlare di tutte le rassegne che
organizzava nelle periferie che lui adorava, dando dignità a mostri
architettonici come Corviale. E fu il fondatore insieme a Gianni
Romoli (futuro produttore dei primi film di Ozpetek) del mitico
cineclub L'occhio, l'orecchio e la bocca. Non ultima la sua adorazione
per Maria Callas, la venerava ed è stato bruciato insieme a un
libro fotografico della Callas depositato nella sua bara, sulla quale
tutti quelli che gli hanno voluto bene, gli hanno dedicato un pensiero.
Una delle sue ultime cose fu un giorno televisivo dedicato alla
Callas sulla RAI, tutto materiale di repertorio introvabile, trovato
da mio zio negli scantinati. E fece anche uno speciale su Luchino
Visconti, molto apprezzato. Tante cose che ho solo accennato.
Eppure zio dipendeva da Isabella, mia nonna, sua madre. Tutto
quello che guadagnava con la RAI lo spendeva in pochi giorni
offrendo agli amici da mangiare nelle trattorie di Trastevere.
30 milioni duravano forse una settimana, forse due. Isabella
era foraggiata dai due fratelli "importanti",  Dario, il compositore
dei più grandi successi di Al Bano e Romina e dei Ricchi e Poveri,
e da Aldo Farina, l'ingegnere, mio padre. Papà, che era un
simpaticissimo borghese, considerava suo fratello un mezzo
fallito e anche a me diceva "vali quanti soldi hai in tasca". Però
ogni mese dava un milione di lire a mia nonna e quindi a mio
zio Roberto. Alla morte di mio zio ho visto in lacrime persone
di cultura come Enrico Ghezzi e Tatti Sanguineti, e ho visto
mio padre diventare cosciente per la prima volta del "lavoro"
di mio zio. Come vedete la Repubblica è fondata sul lavoro,
ma nell'art.4 si specifica che ogni cittadino ha il dovere di
concorrere allo sviluppo materiale o spirituale della società.
Roberto Farina ha fatto a pieno il suo dovere, perché quando
siete tutti con la pancia piena e soddisfatti del vostro lavoro,
poi se vi beccate il Grande Fratello sono cazzi vostri, e se non
ci fossero personaggi come Roberto Farina sarebbe tutto
molto squallido. Allo stesso modo, mio fratello Roberto
(omonimo di mio zio) con i suoi libri e Ricky Farina con
i suoi video ritratti, concorrono allo sviluppo spirituale del
nostro Paese. Ma questo di solito e purtroppo si capisce
bene solo dopo la morte di queste persone, che in vita vengono
viste erroneamente come parassiti, in un'ottica prettamente
borghese e mercantile. L'idraulico Fosca è essenziale per
fare defluire i nostri escrementi nel cesso, ma un mondo
di soli Fosca e ci spariamo subito un colpo di rivoltella.
Quindi, la Repubblica è fondata sul lavoro ma il lavoro
si declina in svariati modi. Io lavoro, in questo senso.
Che non ci sia un compenso è solo un fatto marginale.
Chi ama la poesia trova nel mio canale cibo per la sua
anima. Il problema è un altro: l'anima, divorata dalla
proposta demenziale dei media, è ancora viva? 

1 commento:

Lindt X multiFactor ha detto...

No, non è molto viva, in tv c'è troppo cibo spazzatura per lo spirito purtroppo.