Un gusto delle superfici che imbratta i pensieri di riflessi fecondi. Le stagioni prendono forma, occupano il loro spazio nel rischio di esistere. Passano. In un catalogo disordinato, in un carnevale della casualità, in una danza a corpo libero, fatta di guizzi e sorpassi, di decisioni improvvise, di ultime istanze. Lo charme di madonna vecchiezza e l'eden di santissima gioventù. L'adultità è una nevrosi intessuta di pene, da lasciare a chi non ha più fantasie.
Un essere vivente verminoso e turgido, idolo fallico offerto dalla Terra violata, per niente toccato dal vento, si impone: è il tempio dell'assenza e gronda semenza divina. Il vento, del resto, è vagheggiato solo dal poeta che "non amava il silenzio, e nemmeno la nostalgia o la trasparenza, detestava il cristallo, negli abissi e nelle vertigini si sentiva a disagio, preferiva un francobollo impregnato di saliva all'amore": il vento trascina solo le nuvole e l'idolo scuro, gonfio di linfa, non si lascia sedurre dal signore senza scettro e senza trono che ferma l'andare e scompiglia i resti di un divieto, che logora un nastro, che non ferma i graffi sopra il metallo.
Via Organdino è un incrocio senza rosa dei venti. E' la noia di un tempo infinito, è il sordo via vai di un pensiero senza parola. "Nulla c'è. Se anche qualcosa c'è, non è conoscibile. Se anche è conoscibile, non è comunicabile": mi sembra che quel prostituto del sapere di Gorgia fosse a spasso, in primavera, in via Organdino, e ripetesse un mantra senza alcun pregio ad un poeta che incarna l'abisso, che si prostituisce-lui con fierezza- alle nuvole ad ogni passo e davanti ad una bicicletta rossa può fare inginocchiare-se vuole- il creato, uccidere un addio, dare alimento ad un incubo e fare i tarocchi ad una gallina che vede cervelli grondare e vulve insanguinate per corde spezzate di cuore.
C'è, nell'esplorazione, una quieta tristezza, un dondolare di ombra, come un ricordo di foglia che trema e riflette il tremore nella penombra di un perimetro chiaro di mondo. Ciondola il cuore, portando con sè il suo caro pastrano. Barcolla Ade, quasi ubriaco.
Se i tuoi occhi fossero fiori, coglierei i papaveri, per stringerli ai seni.
Un essere vivente verminoso e turgido, idolo fallico offerto dalla Terra violata, per niente toccato dal vento, si impone: è il tempio dell'assenza e gronda semenza divina. Il vento, del resto, è vagheggiato solo dal poeta che "non amava il silenzio, e nemmeno la nostalgia o la trasparenza, detestava il cristallo, negli abissi e nelle vertigini si sentiva a disagio, preferiva un francobollo impregnato di saliva all'amore": il vento trascina solo le nuvole e l'idolo scuro, gonfio di linfa, non si lascia sedurre dal signore senza scettro e senza trono che ferma l'andare e scompiglia i resti di un divieto, che logora un nastro, che non ferma i graffi sopra il metallo.
Via Organdino è un incrocio senza rosa dei venti. E' la noia di un tempo infinito, è il sordo via vai di un pensiero senza parola. "Nulla c'è. Se anche qualcosa c'è, non è conoscibile. Se anche è conoscibile, non è comunicabile": mi sembra che quel prostituto del sapere di Gorgia fosse a spasso, in primavera, in via Organdino, e ripetesse un mantra senza alcun pregio ad un poeta che incarna l'abisso, che si prostituisce-lui con fierezza- alle nuvole ad ogni passo e davanti ad una bicicletta rossa può fare inginocchiare-se vuole- il creato, uccidere un addio, dare alimento ad un incubo e fare i tarocchi ad una gallina che vede cervelli grondare e vulve insanguinate per corde spezzate di cuore.
C'è, nell'esplorazione, una quieta tristezza, un dondolare di ombra, come un ricordo di foglia che trema e riflette il tremore nella penombra di un perimetro chiaro di mondo. Ciondola il cuore, portando con sè il suo caro pastrano. Barcolla Ade, quasi ubriaco.
Se i tuoi occhi fossero fiori, coglierei i papaveri, per stringerli ai seni.
2 commenti:
Bellissima!!!! Amo "viaggiare" tra le sue parole.
Chi cazzo la capisce? Boh!
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