martedì 24 aprile 2012

MINACCIA TEMPESTA

Il mare gonfia lo specchio della follia.
Voragini liquide si fanno pensiero.
Anche annegare è un incantesimo.

Minaccia tempesta, stride la notte in
un vaso di sangue, è vergine lo stupore
di ignoti inabissamenti, si vela l'orizzonte.

L'amore è alcol nella crudele sobrietà
delle stelle, cuore di polipo, nero delirio,
in lontane foreste di corallo si consuma.

2 commenti:

Medea ha detto...

Presagio veritiero. Non creduto. I poeti sono tutti figli di una Cassandra spaventata. Grida sciagura la figlia della cagna. Nessuno le crede. "Minaccia tempesta". E lei grida. Neppure sua madre la ascolta. Il mare è il palcoscenico del supplizio. I coralli rubicondi succhiano il sangue dei Titani e ingurgitano incantesimi. C'è una rocca costruita dove l'onda batte impetuosa: su un'alta rupe pare cantasse una ninfa proprio dinanzi ad Ogigia. Lì i poeti incontrano l'ombra di Medea che racconta di voli. Ah, se si potesse volare! Sarebbe un bell'andare sopra la tempesta. Ma incombe. Scarnifica. Lava le ossa disfatte. Purifica i vermi. Li custodisce in un campo di mirti. Per farne minaccia. DI tempesta. Anche stavolta. La "crudele sobrietà" delle stelle è l'ubriacatura di Dio. Gli uomini non dovrebbero scrivere amplessi atavici su fogli brucianti. Piuttosto dipingere con sangue mesciuto a disperazione un sudario di morte, nel quale avvolgere le maledizioni. E, forse, i rifiuti.
Hai rubato il pianto alle agavi e ne hai fatto inchiostro. Come hai potuto? "Blasfemo": così ti direbbe Dioniso, poeta! E su di te si scatenerebbe vendetta. Lacerato, succhieresti seni nudi di baccanti infuriate. E il piacere si farebbe supplizio, nell'atto funesto della condanna alla suggestione perpetua.

Ecco il miracolo della tua scrittura: fa lecita la follia. E purifica il disfacimento degli incubi. Dopo l'imposizione di sonni chimici. E amari. Potrei-dovrei-chiedere perdono. Ritorno a Waterloo, sono "Le quattro pomeridiane".

Anonimo ha detto...

Ehm... Che dire? Quasi quasi ho vergogna a pensare. Riccardo e sotto Medea. E che ce sto a fa'? Meglio che legga! Mi rapite.

Avorio