sabato 17 maggio 2008

UNA POESIA DI BEPPE COSTA

In una primavera antica sempre in memoria
avevo sfiorato sogni farfalle e fiumi
Il ricordo oggi mi violenta ancora di quei giorni
pochi dove l'incubo sembrava il mio passato
e passato interrotto mai più frane
Ancora mi violenta e mi rende in tutta crudeltà
la miseria di una vita già scaduta che sembrava
rimuovere i suoi mali
Quale ingrato destino mi degrada così velocemente
e senza tracce sul corpo tutt'intero
così invisibile da non destare sospetti di mali
eppure non immaginari

Una primavera neppure tanto lontana
pochi anni da apparire millenni
e pochi giorni incauti apparsi di festa
e d'allegria che molti usano dire di felicità
un costo da pagare così alto senza soste e dilazioni
senza festivi né feste comandate
ininterrotto esattore che mi sveglia amaro
di spaventi e mi sovrasta incubo di notte
Quale ingrato destino mi fa credere d'esistere
m'intrappola mi avvinghia nel mortale abbraccio
così invisibile ma tanto ineluttabile
da non poter gridare più con occhi umani

E mentre tutto fa deserto attorno a me
aspetto ancora un'altra primavera

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