lunedì 23 ottobre 2017

SULLA PELLE

Sono stato un bambino come tanti altri. Avevo paura del buio 
e la mamma doveva darmi una sua vestaglia per calmarmi.
La vestaglia non era il fantasma di mamma, era mamma e io
la tenevo tra le dita. Chiamatelo feticismo infantile o amore
tattile. Io sono un guardone di quelli tosti, ma se dovessi per
necessità o per gioco scegliere un senso, uno solo, non avrei
dubbi: sceglierei il tatto, l'aderenza al mondo. Il tatto non è
solo un senso, è il senso della vita. Siamo venuti al mondo
per avere tatto, per essere tatto. E l'amore è tattile, è la lingua
universale, la scrittura Braille dell'esistenza, l'alfabeto di ogni
sospiro e di tutte le passioni, una carezza nel fuoco della vita.
E il tatto è anche una forma superiore di gentilezza come ci
insegna Truffaut in Baci rubati con l'aneddoto della festa.
Un uomo sente il bisogno di andare in bagno durante una
festa a casa di amici, apre la porta del bagno e trova una
donna, l'uomo gentile dice: "Scusi signora" e richiude la
porta, l'uomo di tatto invece dice: "Scusi signore". Ecco,
il tatto è toccare la vita con una gentilezza superiore, ed è
l'armonia profonda della pelle, chi non ha tatto si perde
questa meravigliosa possibilità: sfiorare la vita in cerca di
un brivido profondo, perché come ci ricordano i poeti è
sulla pelle che la profondità viene alla luce senza pietà.

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