Dopo avere visto un film su Marlowe con Mitchum
e avere sentito frasi come "era una femmina meravigliosa,
passionale e perversa", uno come minimo si accende
una sigaretta e si versa del bourbon, anche se si trova
lontano da Los Angeles, magari a Milano, e l'ombra
di Chandler scivola sul tappeto come un fantasma
ferito. Non essere Robert Mitchum a volte fa male.
Molto male. Ma bisogna giocare con le carte che si
hanno, e un poker d'assi è sempre dietro l'angolo per
chi sa osare ancora con la vita e l'immaginazione.
La vita è un bluff ben riuscito, anche se alla fine tutti
vanno a vedere e il banco vince sempre: e l'asso
diventa un'asse di legno, e un'altra e un'altra ancora
e ancora fino a chiuderti dentro un buio capovolto.
Per sempre, quel sempre che basta a toglierti di mezzo,
a farti ingoiare tutti i cieli e tutte le primavere.
Però è bello che al mondo ci sia stato Robert Mitchum,
è estremamente bello, e che ci sia stato il cinema
ad accarezzare quel suo modo di camminare così
lieve e così schietto, senza ambiguità, così caldo
come un'estate torrida, così sensuale come un ultimo
sguardo lanciato alle cosce di una femmina fatale.
E allora tutti siamo Marlowe, ognuno di noi, anche
i bambini che giocano a fare i duri, anche le bambine
che ti dicono "giochiamo all'avventura". E uno sparo
nella notte ci ricorda la polvere, le stelle, l'oblio.
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