giovedì 3 aprile 2008

UNA POESIA DI RAFAEL ALBERTI

Quanta ira,
quanto odio
sfogato inutilmente a morderci le unghie,
mentre le lavagne s'imbiancavano di numeri
o i margini dei libri erano torturati di schizzi;
quanta ira
quanto odio contenuti senza piangere,
ci spingevamo al mare che non s'era mai preoccupato
di radici quadrate,
al cielo immune da teoremi,
libero di professori,
alle calde dune
dove orinavamo in fila guardando verso il collegio.

Eravamo gli esterni.

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