venerdì 24 ottobre 2014

Piccole felicità nel supermercato


Sono felice quando vado a fare la spesa senza la sposa.
Mi sento libero, libero di comprare tutto quello che desidero
e di fare l'occhiolino a chi voglio (ora che ci penso, saranno circa
10 anni che non faccio l'occhiolino). Mi piace comprare le cose
supercostose, i vini tipo Amarone, e i formaggi che puzzano
fino al cielo, alle nuvole, a Dio. E le mostarde da abbinare.
Mi garba osservare i clienti, il vecchio che accarezza con tragica
tenerezza un cartoncino di Tavernello, il bambino che piange
perché non gli comprano la cioccolata, i ragazzi che comprano
le birre per le loro feste, la bella casalinga che con un sorriso
nascosto pensa a un amore passato, la modellina che fa incetta
di insalatine e yogurt. Osservo e immagino le loro vite.
Mi piace il supermercato verso sera, quando inizia a fare buio.
E i neon ti rassicurano sulla voglia ancestrale di vivere tra
barattoli di fagioli, lenticchie e frutta tropicale. Mi tengo lontano
solo dal reparto pescheria, se ci vado è sempre con grande
sforzo e turandomi il naso, tutti quegli occhi vitrei senza mare
che mi fissano hanno il colore della follia raggelata. Non ho
particolare simpatia anche per la carne confezionata, sento
l'eco dei macelli, eco appena soffocata dalla plastica. Quando
vado alla cassa scambio sempre due chiacchiere con Ornella,
una pacioccona che fa il suo lavoro con distratta leggerezza.
E poi esco nel buio fresco della vita con i miei sacchetti oscillanti.
Cammino, seguo con gli occhi le luci dei fanali delle macchine,
sfioro altri sacchetti oscillanti, e penso che vale la pena esserci,
ancora un giorno, fra i mortali, i mortali oscillanti nel buio. 

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