sabato 24 gennaio 2009

UNA POESIA DI BIGONGIARI

ROGO

Il tuo dolore sorvegliato
quasi fosse una speranza,
eccotelo negli occhi.

E le strade leggere dei morti
percorse da viventi leggeri come morti
a un tratto s'animano, vicino a casa,
dei colpi sordi tirati a un pallone
da due ragazzi di notte.

Che fanno i diademi nelle teche
o il mare lungo la tua città balneare
vuota di tutto fuorché del tuo dolore incomprensibile!
Io preso dalla vampa di questa città,
quasi un'orma si stampa in mezzo al fuoco:
le ombre ormai sono così consistenti,
leggeri sono solo i viventi, ma le parole
che cercano qualcosa da descrivere,
i loro sentimenti,
che cercano di riconoscere qualcosa,
i loro gesti,
sono perse, glauche, indefinibili
parole del Logos
è la morte che parla, il silenzio che pesa nelle parole.

Che cosa facesti, non sai:che cosa fai.

Ma vero e non vero sono forse la stessa cosa,
l'unica frontiera è forse quella che non si può varcare,
e il resto appartiene al discorso urlato dai morti
iene attorno al rogo.

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