domenica 21 agosto 2011

MONICA PINNA

3 commenti:

Anonimo ha detto...

io credo che "il male" l'abbia inventato l'Inventore generale. Credo sia un trucchetto faustiano per farci sviluppare più bene. Compreso il tuo mal di denti, il mio sfratto e la tenia del gatto.
Nicola

Anonimo ha detto...

o forse il bene è solo un trucco per farci sviluppare più male. sì, forse è così, compreso la tua castità, la mia solitudine e la missione di pace in afganistan. nicola

Anonimo ha detto...

Una voce e un cancello. Monica, con il suo incedere deciso, senza segreti, né pudori da benpensanti, avanza… con la sua chiave al collo. Il suo bisogno di tenerezza: “Ciao, un bacino!”. I suoi complimenti filtrati, la sua attenzione al corpo, così tanto bistrattato, macchiato di vergogne e di dolori infiniti.
La busta (“familiare” ai fans di Farina) del Pam, il suo ordine sparso, i piatti nel lavandino e l’acqua fresca. Il gatto sul letto, disfatto. Monica ha provato ad accoltellare Gianni perché vuole la casa: questa sembra la cosa più naturale del mondo per lei. Non è criminoso. Peccato che Gianni le abbia tolto il coltello di mano! E’ ironica Monica, conosce la vita nelle sue sfumature più dolorose. Nelle sue ansie più tremende. Conosce la nudità e i marciapiedi per dormire. Eppure sembra che quella nudità e il vino siano stati gli unici mezzi a concedere a Monica di avere il suo posto nel mondo.
Lei non si nasconde. Lei vuole che i suoi amici raccontino la sua nudità e i suoi cattivi odori, i suoi deliri e le sue scomposizioni. E’ una poesia crudissima quella di Monica. La poesia più vera, quella che non conosce soggezioni e che si accetta, sommato tutto, per sé stessa.
“Ho paura quando mi salutano”: quanta tenerezza c’è in queste parole? Quanto dolore? Quanta abitudine ad essere una mela marcia per la società, indegna persino di un saluto. E quanta dignità abita in Monica. Nel suo volto. Nei suoi capelli tirati indietro. Nella leggerezza delle sue risate. Nel ripetere il nome di chi le sta di fronte. Nella naturalezza di dire: “Sto bene con te!”.
Quanto è femminile il suo modo di fumare, aristocratico… accompagna quel gesto con le sue mani ingioiellate… e tutto il mondo è riassunto nella danza di quel fumo che inebria i suoi capelli ed il suo volto…
“Qualcuno o qualcosa c’è” e lei ne ha la convinzione. Perché lei ha un conto in sospeso con dio: vive l’attesa di trovarselo di fronte per pestarlo questo dio, per chiedergli ammenda di ciò che è stato e perciò non può non esistere quel Qualcuno o quel Qualcosa perché a lei deve render conto. E ha le prove persino di una vita oltre il morire: il bacio. In quale più grande segno di vita ultraterrena si può sperare? Un bacio dalla sua figlia perduta.
L’irruzione della “bella donna” senza nome la fa ridere… e Monica mangia. E ha tanti amici, Angelo il panettiere, l’Adele, Marco, Mario il romantico. E poi ancora lei che non andava “a caccia di uomini”, la sua nudità era il suo bisogno di purificazione, era la nudità delle vergini vestali con il delirio di un’attrazione fatale per il vino. E infine ha due sogni, uno segreto e l’altro è “prendere a pugni dio”, ma generosamente: non solo per sé stessa, “per tutto il mondo”. E grazie, Monica, per la linguaccia e per la simpatia.
E’ un film intenso. Intimo. Di quelli che ti fanno sognare di essere migliore, di quelli che innalzano al “forte sentire”. La sensibilità del regista è unica e irraggiungibile. Mostruosamente lirica. E’ il più elegiaco dei tuoi film, il più dolce. Mi lasci sempre con gli occhi sgranati. Mi lasci sempre con una domanda e una leggerezza che nasce dal pianto: questo a te solo appartiene. Grazie, Mostro, grazie infinite.