venerdì 19 agosto 2011

LA MIA DOCCIA

1 commento:

Anonimo ha detto...

Avverto uno sgomento iniziale. Una sorta di smarrimento. Che è espresso da un volto che cerca sé stesso e forse, nascosto dall’acqua, non sa riconoscersi.
Quindi da 1,31 in poi comincia la parte “valdughiana”. Hai presente quella che fa: “Vieni, entra e coglimi”?
…ecco, una impudica puella ti reciterebbe quei versi ardimentosi in cui dice:
Poi fondimi e confondimi.
Spaventami.
Nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami…ardimi bruciami arroventami.
Quell’eruzione vulcanica interrompe enigmaticamente l’esibizione di quel “petto villoso come le aquile” dell’uomo infedele meriniano.
Ma è proprio lì che l’immaginazione comincia a vagare nelle caverne dell’io e va a toccare gli uteri argillosi di chi, per lo spazio del film, si sente improvvisamente preda di uno strano oscillare tra pudicizia e lussuria, tra ammissione e negazione di un istinto calamitoso verso la “vulcanica e silente enigmaticità” dell’Uomo sotto la doccia, del Farina che si fa oggetto sensuale ed, oserei, erotico.
Il bianco e nero che gioca a contrasto con la lava incandescente è di forte impatto visivo per chi è attratto dai colori: del resto, mi sento una gazza ladra e amo le cose che brillano.
Vergognosamente sincera. Pure stavolta. M.