lunedì 9 gennaio 2023

Fenomenologia di Orsini Alessandro di Claudio Ceriani

Fenomenologia di Orsini Alessandro.
Indipendentemente dall’esito finale della guerra in Ucraina - espressione di un conflitto assai più vasto, asimmetrico e ibrido iniziato da tempo e che ancora deve svilupparsi appieno - la figura del Professore Orsini ne sarà per sempre e indissolubilmente associata. Almeno qui da noi.
Praticamente sconosciuto prima della fatidica invasione dello scorso febbraio, Orsini Alessandro, docente alla LUISS specializzato in sociologia del terrorismo nonché tanto altro ancora (stando al curriculum che il FQ online espone), si è ritagliato uno spazio nel dibattito italiano (spesso sterile e provinciale) sulla guerra in corso grazie alla sue posizioni che si proclamano fieramente contrarie alla linea di pensiero mainstream (curioso come quella che qualcuno ha sapidamente definito cosmesi lessicale venga utilizzata per nobilitare parole assi più comuni, come se automaticamente chi le usa si elevasse dal volgo).
Assai più banalmente, Orsini è un propagandista filo-putiniano che spesso non riesce nemmeno a dissimulare i propri fini. Prova ne siano i suoi interventi, che vanno dallo scomposto all’involontariamente comico, ma che riscuotono un certo successo presso una fetta non trascurabile di pubblico televisivo, utenti youtube e di aficionados filorussi o anti-atlantisti.
Tale blocco eterogeneo di persone (che spazia dal sovranista duro e puro al nostalgico di Stalin), sembra essere stato conquistato non tanto dalla (sedicente) autorevolezza del Professore, quanto piuttosto da quella che è una vera e propria invenzione di Orsini e che si concretizza in una delle più peculiari figure pubbliche di questo millennio, quella del narcisista vittimista.
Sì perché l’intuizione (voluta? spontanea? casuale?) di Orsini è quella di smerciare sé stesso come una sorta di affidabile esperto represso e imbavagliato (“continuamente interrotto”) dal mainstream che lo teme e lo marginalizza. Il tutto nonostante la sua presenza sulla rete televisiva nazionale dopo la (diciamolo pure, infelice) uscita di Andrea Romano, sia aumentata addirittura vertiginosamente, al contrario di chi, in Russia, affronta la morte civile per aver esposto cartelli veritieri durante una trasmissione o viene arrestato per aver definito l’operazione militare speciale ciò che realmente è, ovvero una guerra (ma pare che, giorni fa, lo stesso Putin abbia “sdoganato” il termine e che adesso qualche avvocato voglia denunciarlo proprio sulla base della legge varata dal novello zar, intelligente provocazione che merita un deciso plauso).
Se l’evidente sfilza di gaffe commesse da Orsini si commenta da sola (particolarmente grave quella su Hitler che non voleva la guerra), parrebbe che ciò non abbia minimamente scalfito il suo pubblico di adoranti adepti. Né il grottesco scivolone fatto di recente durante un video postato su youtube, quando millantando di tradurre in diretta dall’inglese un articolo ha in realtà usato un traduttore automatico, scatenando l’ilarità del web, pare avere scalfito la fideistica adorazione di chi lo considera una sorta di guru.
Scivolone seguito peraltro da un altro rattoppo peggiore del buco e che ha evidenziato nel docente tutte le caratteristiche di chi soffre di un disturbo narcisistico di personalità (nonché di distorsione cognitiva da effetto Dunning-Kruger). Superfluo aggiungere che le motivazioni che avevano portato nel video incriminato il professore a giustificare la violazione del memorandum di Budapest da parte della Russia oscillavano tra l’abborracciato e il contradditorio e smarginavano nell’obbrobrio giuridico e storico.
E allora come mai Orsini che si auto-zimbella in modo così plateale viene difeso a spada tratta dai suoi fan incalliti? Da un lato si può credere che tale atteggiamento sia attribuibile a una semplice dissonanza cognitiva o all’odio per la Nato e l’Occidente da parte degli estremisti nostrani nutrito dalla propaganda russa e che ha trovato nel triplice sovranismo del nostro paese (composto da M5S, Lega e FdI) humus fertile. Ma forse c’è un’altra spiegazione.
Tale spiegazione consiste nell’ebrezza dell’adepto orsiniano di sentirsi diverso e superiore all’uomo-massa e di andare controcorrente “sfidando il sistema” (e non pare una coincidenza che questa tipologia di persone sia sovrapponibile quasi per intero a quella dei complottisti no-vax). Il tutto, naturalmente, senza incorrere in alcun danno vero, come accade invece a chi in Russia si oppone al potere e paga per il proprio coraggio, spesso venendo costretto a riparare all’estero.
Orsini, in fondo, rappresenta l’italiano che gioca a fare il pundit su temi che non conosce o che non conosce a fondo e che gonfia il petto nella certezza di essere un illuminato fra gli ignoranti, quando invece non possiede le basi minime per giustificare la propria arroganza. E il fenomeno – inteso come manifestazione ontologica che rispecchia il deprecabile Zeitgeistcontemporaneo – Orsini va letto in quest’ottica, non troppo diversa dalla prospettiva che i follower hanno dei loro idoli. Idoli che più sbagliano e più vanno difesi.
Se il patriottismo è stato definito l’ultimo rifugio delle canaglie, l’orsinismo è l’ultima spiaggia per chi, cercando disperatamente di emergere dall’anonimato e di distinguersi, si confonde in un’altra massa grigia, fiero di appartenere a un consesso che si ritiene elitario senza esserlo. È il nuovo conformismo, nipote degenere dell’anticonformismo di stampo occidentale radicato nei decenni, nonché ennesimo stigma di una società in declino.
Ma, come è stato scritto, ogni tempo ha il proprio protagonista. Che poi sia un protagonista farsesco è solo un dettaglio.