A te, curvo sui tuoi anni,
indocile alla senile bonaccia,
a te che sbirci le coppiette
e i loro orizzonti di baci e
carezze, a te, ancora curioso
dell'amore, che aizzi il tuo
sangue fra cespugli d'autunno,
e sogni ancora di giovinezza
e di ardori acerbi, a te, matusa,
che spargi seme opaco sull'erba,
tradito da un coito tardivo,
a te, vecchio porco, libidinoso,
a te che torni a casa e sputi
sulle tue radiografie, e gemi
di freschezza oltre l'artrite,
a te, dedico questi versi, mio
sosia incarnato, destino fulgido,
purezza e purezza, non altro,
di morsi, bava e dentiere
scheggiate.
5 commenti:
Nun se po' sentì. Che fai mo'? Copi Agosti?
So andato da mio padre oggi. Quanto s'è incarognito. È diventato insopportabile. Gli devo imbruttire, e pure cosi sbraita uguale, fino quasi a farsi prende un colpo. Poi stanco dalle sbraitate isteriche, dalle pantomimiche del testosterone, si mette li, accasciato... Si aspetta la commiserazione. (che da me se la sogna. Al massimo posso essere pietoso.) Spero che muoro prima di ridurmi così!
Una poesia, una fotografia del tuo sosia, spero non capiti
cosi a Te
Può essere che è dedicata a Agosti...
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