Le feste hanno almeno un pregio: ci fanno capire
quanto sia prezioso il solito tran tran.
Il tran tran ci culla in una sonnolenza attiva e
ci protegge dagli incubi con la sua affettuosa
monotonia, il tran tran è la benedizione delle
cose note e risapute, è un ritmo amico che
cadenza le nostre giornate e ci fa sentire di
avere un posto nel mondo, è un alibi perfetto
per il caos, l'abisso e la vertigine.
Il tran tran è l'avventura rigida di un sentiero
consumato, non è eroico ma è confidenziale,
si fa assaporare con garbo, a volte è noioso,
ma ci lascia in bocca un sapore dolceamaro,
zucchero e cenere, e ci illude che la morte sia
solo una pausa dilatata, in fondo il tran tran
addomestica le nostre paure più profonde,
e trasforma le tigri in animali da tappeto.
Il tran tran è piatto, liscio, ma se a fine giornata
ci è rimasto un sorriso nelle tasche è anche
una forma strana di felicità, ha un tepore che
è famigliare, che non tradisce mai se non
quando un fulmine a ciel sereno squarcia il velo,
e allora nella nostra vita irrompe l'amore, ma
il tran tran non si scompone, non si preoccupa,
sa attendere, la sua ragnatela è forte, resistente,
alla fine la vittoria è sua, e l'amore diventa
il solito tran tran.
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