Le favole di Ricky Farina. “C’era una volta il parco della luna… e lei, la luna, giocava a nascondino con il vento, mentre una palma, che aveva un po’ paura dei supereroi faceva la conta nascosta dal buio: strizzandosi gli occhi verdi, tante lucine colorate apparvero all’orizzonte…” Ecco quello che abita i Titani e le divinità. Gli incantesimi: essi dimorano dove ancora esistono i giochi e tutto il resto si lascia fuori da un limite oltre quale c’è spazio solo per la fantasia dei bambini e la malinconia dei poeti. Quanto ricordare, quanto lieve dolore di non vissuto esiste dietro quella macchina da presa. Con quale e quanta poetica delicatezza lo sguardo va a posarsi su quelle luci che, a poco a poco, si accendono e diventano una stregoneria. Non sono luci intermittenti e ci si dimentica dell’elettricità e ci si dimentica dei biglietti da pagare e delle file davanti all’uomo dello zucchero filato. Gli odori del luna park sembra di poterli percepire attraverso lo schermo. È un film così felliniano! Con personaggi felliniani. Con un regista che in realtà scrive versi con le immagini: lui solo riesce a “rubarle” e a tesserne reti di pescatori. Da bambina invidiavo i “signori delle giostre”, quei bambini che non andavano mai a scuola e che potevano star lì a volare sempre…Come sono fortunati!-mi dicevo. Le magie sono in pausa quando Aspotroff arriva: la signora dei cocchi, corpulenta, mi ha fatto pensare per un attimo, con un sorriso, alla tabaccaia di Amarcord. Chissà se anche per lei è passato il tempo! Chissà se ha ancora quelle labbra rosse. Mattia e il Polipo: altra storia, altri colori. Altri voli, altri tentacoli lungo i quali incontrare pensieri e attorcigliarli. I manichini che si muovono a fatica con i capelli scompigliati e gli arti scombinati mi ricordano la decadenza. Ma per un attimo soltanto. Mi ricordano quell’inquietudine del mare in inverno. Quell’anziano capitato lì per caso a combattere con il vento e con la salsedine. Ma poi ricomincia la festa e questa volta è semplice dimenticare: le luci mi attraggono. Mi attraggono soprattutto i volti che posso guardare…senza essere trovata, a mia volta, e così posso inventare.
Allora la signora bionda dei gettoni pensa a come il tempo scorra e a quanto futile sia il divertimento dei suoi clienti su quelle macchine che per lei sono una prigione. Magari voleva far la ballerina… o forse l’acrobata, chissà… è come se alle giostre preferisse il circo. La ragazza dei cigni e degli orsacchiotti invece attende: una telefonata che tarda la risposta; un messaggio che non è stato ricevuto. O che forse non ha inviato… è sospettosa…insospettita da Aspotroff che vaga tra le musiche e le stelle. E fa bene a sollevar dei dubbi: le sue gambe sono un infinito e sotto la sua sottana leggera lei nasconde l’origine del mondo. Aspotroff ben lo sa! C’è poi la danza di Stupore e si impossessa dei bambini: che meraviglioso groviglio di occhi sgranati davanti a tanta stranezza del paese dei balocchi. E poi quei due birichini: sono un po’ furbetti, ce l’hanno stampato in faccia quanto sono monelli! A 7.40 entra in scena il principino: oh, quanto adoro questa parte! Lui è innamorato. Fa i suoi giri quotidianamente al luna park, le sue monellerie sono uno schermo per correre da lei. Non le ha ancora confessato il suo segreto amore. Lei gli sembra irraggiungibile e va lì, dalla sua musa, a sentire il batticuore… con aristocratico sorriso; la giostra inneggia alle “Nuvole”: lì lui e lei sono felici, vivono in un batuffolo di cielo tutto colorato e hanno tanti figlioletti! E infine arriva lei, la luna…signora luna…e tutto governa. E tutto vede. Che poesia! Ma non posso dimenticare lui. Chi osserva. Chi media tra me e questo Paese dell’ovatta. Lui è il primo che vuole far quei giochi, lasciarsene trascinare. Eppure sta in disparte, ad osservare. Quasi che la vita a lui tocchi da spettatore. Lui si compiace e poi gioisce e resta turbato: ma la vita questa volta non lo deve coinvolgere. Lui vuole starsene in disparte. Solo Mattia lo fa sorridere. Forse perché Mattia gli ricorda chi sognava d’essere quando invece era un bambino bravo che ascoltava la maestra. Ma lui ha l’asso nella manica. È un supereroe. E la luna, proprio lei, gli parla. Lei gli suggerisce i suoi pensieri più smaniosi. Le sue lusinghe e le ossessioni. È un gigante che ora ha una ferita al petto. Tra un po’ l’avrà dimenticata, mentre sentirà, ancora e sempre, la meraviglia del creato scorrere sotto la sua pelle e, sbigottito, si sorprenderà ad amare. Sempre di più. Sempre di più. Mi sono commossa davanti a quella luna. Sei fantastico, Riccardo! Non aggiungo altro. M.
2 commenti:
Le favole di Ricky Farina. “C’era una volta il parco della luna… e lei, la luna, giocava a nascondino con il vento, mentre una palma, che aveva un po’ paura dei supereroi faceva la conta nascosta dal buio: strizzandosi gli occhi verdi, tante lucine colorate apparvero all’orizzonte…”
Ecco quello che abita i Titani e le divinità. Gli incantesimi: essi dimorano dove ancora esistono i giochi e tutto il resto si lascia fuori da un limite oltre quale c’è spazio solo per la fantasia dei bambini e la malinconia dei poeti.
Quanto ricordare, quanto lieve dolore di non vissuto esiste dietro quella macchina da presa. Con quale e quanta poetica delicatezza lo sguardo va a posarsi su quelle luci che, a poco a poco, si accendono e diventano una stregoneria. Non sono luci intermittenti e ci si dimentica dell’elettricità e ci si dimentica dei biglietti da pagare e delle file davanti all’uomo dello zucchero filato.
Gli odori del luna park sembra di poterli percepire attraverso lo schermo.
È un film così felliniano! Con personaggi felliniani. Con un regista che in realtà scrive versi con le immagini: lui solo riesce a “rubarle” e a tesserne reti di pescatori. Da bambina invidiavo i “signori delle giostre”, quei bambini che non andavano mai a scuola e che potevano star lì a volare sempre…Come sono fortunati!-mi dicevo.
Le magie sono in pausa quando Aspotroff arriva: la signora dei cocchi, corpulenta, mi ha fatto pensare per un attimo, con un sorriso, alla tabaccaia di Amarcord. Chissà se anche per lei è passato il tempo! Chissà se ha ancora quelle labbra rosse.
Mattia e il Polipo: altra storia, altri colori. Altri voli, altri tentacoli lungo i quali incontrare pensieri e attorcigliarli.
I manichini che si muovono a fatica con i capelli scompigliati e gli arti scombinati mi ricordano la decadenza. Ma per un attimo soltanto. Mi ricordano quell’inquietudine del mare in inverno. Quell’anziano capitato lì per caso a combattere con il vento e con la salsedine. Ma poi ricomincia la festa e questa volta è semplice dimenticare: le luci mi attraggono. Mi attraggono soprattutto i volti che posso guardare…senza essere trovata, a mia volta, e così posso inventare.
Allora la signora bionda dei gettoni pensa a come il tempo scorra e a quanto futile sia il divertimento dei suoi clienti su quelle macchine che per lei sono una prigione. Magari voleva far la ballerina… o forse l’acrobata, chissà… è come se alle giostre preferisse il circo.
La ragazza dei cigni e degli orsacchiotti invece attende: una telefonata che tarda la risposta; un messaggio che non è stato ricevuto. O che forse non ha inviato… è sospettosa…insospettita da Aspotroff che vaga tra le musiche e le stelle. E fa bene a sollevar dei dubbi: le sue gambe sono un infinito e sotto la sua sottana leggera lei nasconde l’origine del mondo. Aspotroff ben lo sa!
C’è poi la danza di Stupore e si impossessa dei bambini: che meraviglioso groviglio di occhi sgranati davanti a tanta stranezza del paese dei balocchi. E poi quei due birichini: sono un po’ furbetti, ce l’hanno stampato in faccia quanto sono monelli!
A 7.40 entra in scena il principino: oh, quanto adoro questa parte! Lui è innamorato. Fa i suoi giri quotidianamente al luna park, le sue monellerie sono uno schermo per correre da lei. Non le ha ancora confessato il suo segreto amore. Lei gli sembra irraggiungibile e va lì, dalla sua musa, a sentire il batticuore… con aristocratico sorriso; la giostra inneggia alle “Nuvole”: lì lui e lei sono felici, vivono in un batuffolo di cielo tutto colorato e hanno tanti figlioletti!
E infine arriva lei, la luna…signora luna…e tutto governa. E tutto vede.
Che poesia! Ma non posso dimenticare lui. Chi osserva. Chi media tra me e questo Paese dell’ovatta. Lui è il primo che vuole far quei giochi, lasciarsene trascinare. Eppure sta in disparte, ad osservare. Quasi che la vita a lui tocchi da spettatore. Lui si compiace e poi gioisce e resta turbato: ma la vita questa volta non lo deve coinvolgere. Lui vuole starsene in disparte. Solo Mattia lo fa sorridere. Forse perché Mattia gli ricorda chi sognava d’essere quando invece era un bambino bravo che ascoltava la maestra.
Ma lui ha l’asso nella manica. È un supereroe. E la luna, proprio lei, gli parla. Lei gli suggerisce i suoi pensieri più smaniosi. Le sue lusinghe e le ossessioni. È un gigante che ora ha una ferita al petto. Tra un po’ l’avrà dimenticata, mentre sentirà, ancora e sempre, la meraviglia del creato scorrere sotto la sua pelle e, sbigottito, si sorprenderà ad amare. Sempre di più. Sempre di più.
Mi sono commossa davanti a quella luna. Sei fantastico, Riccardo! Non aggiungo altro.
M.
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