mercoledì 6 luglio 2011

COME ERA VERDE LA MIA VALLE

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Il rumore dell’acqua, il vento che insidia le foglie. Il volo delle farfalle e una libellula in putrefazione sull’asfalto. Le ombre. “I sogni (come i peschi…e come la morte) non conoscono catene”. E’ una pace simile ai paesaggi teocritei; vi ritrovo quel “rivo strozzato che gorgoglia”, dove dilagano i chiodi inferti nelle viscere della natura umana, dilaga l’inaudita violenza che sembra essere così lontana dai volti degli uomini e invece diventa una sorta di follia collettiva, che ingurgita il senso stesso dell’umanità.
Il catalogo di volti che mi scorre davanti è simile ad un carnevale: una donna bionda legge il suo giornale, mentre le “forze dell’ordine” sono pronte a fermare i NoTav: forza contro forza; occhio per occhio. Uomo contro uomo. Dove è finito l’uomo umano? Si avvicendano volti arcigni, pronti a sferzare manganellate contro una calma apparente che pare essere garanzia di giustizia.
Un padre che gioca con la sua bambina sta lì a dire il suo No per difendere i voli delle farfalle eppure è sorvegliato da un esercito armato di scudi e manganelli: ma perché? Perché quegli scudi non sono stati usati con quelli che negli anni hanno combattuto guerre intestine mietendo vittime e investendo i soldi dello stato nei loro loschi traffici di armi, di droga e di uomini? Chi ha cercato davvero di fare ordine è divenuto pietra di scandalo e, come mela marcia, è stato eliminato. Però le forze dell’ordine usano manganelli e scudi, sputi e urine sui manifestanti: “E’ cosa buona e giusta!”.
Non giustifico in nessun modo quelli che, tra i manifestanti, creano situazioni di estrema violenza, quelli ai quali non importa cosa si stia puntando: il G8, la Val di Susa, la Somalia, Roma o Genova…è tutto uguale. La violenza diventa assolutamente gratuita e perciò spaventosamente vergognosa.
È un film che ha per protagonista il Volto. Il volto dei NoTav e il volto dei militari; sereni e certi della giustezza della loro idea gli uni, burberi e severi gli altri.
Guanti di pelle e caschi a mo’di carapace contro tatuaggi, cibo buono e capelli sporchi.
La guardia di 9.20-sgg. sembra uscita da un film americano di quelli in cui si aprono le voragini nel centro di New York City e arriva l’eroe che non è superman, ma fa il figo. E questa guardia è pronta, schierata per il suo duello con quel simpatico bestione armato di bandana (non mi sorprenderebbe se avesse un tatuaggio con la scritta “Ti amo mamma”!).
È un film che ritrae magistralmente il gioco delle parti, che passa anche attraverso la moda e il costume, l’apparenza dei nostri tempi; la cronaca che si fa con i capelli rasta da un lato e l’esibizione dell’ultimo RayBan dall’altro. Quindi destra e sinistra, buoni e cattivi, uomini rudi e romantici e guardie sbarbate, tirate a puntino.
Arriva l’anima della gente, arriva ora il superamento del luogo comune, arriva il Farina che si occupa del sociale, che fa reportage che non raccontano la storia dall’alto, raccontano la storia con la voce di chi ne fa veramente parte: “Abbiamo con noi la forza della natura”.

Anonimo ha detto...

(...continua)

L’attualità contraddittoria, le beghe della politica, la delinquenza della classe dirigente crolla davanti ad una signora con i capelli rossi ed arruffati che non ha alcuna intenzione di cedere al più forte, perché il suo vigore è quello dei giusti.
“Il benessere è questi alberi, […]non l’oro che luccica”: di fronte ad una tale convinzione il Piccolo Principe si sarebbe chinato. Tanto di cappello!
Il lacrimogeno è l’incipit della violenza, ma è soprattutto, in questo caso, il velo squarciato sulla verità dell’anima, perché “da una lacrima sul viso ho capito molte cose”. E Ricky Farina ha riportato l’attenzione sullo sguardo e sul sorriso del creato, dell’umana misura; ci riporta all’essenziale: le pietre battute dagli scarponi pesanti restano pulite, quelle battute dai binari che trafiggono le montagne e uccidono la Bellezza ci rubano il mistero creaturale, costringendoci ad una cinica terribile indifferenza. E ci fa morire.
Ricky Farina supera la filosofia delle bugie dei tempi nostri. Con sguardo che conosce solo la violenza della sensibilità al bello documenta con garbo una pagina controversa della cronaca di quest’inizio d’estate, una pagina in cui, come in tutte le cose rischiose, si preferisce che vinca la confusione e il non detto; una pagina che probabilmente non farà mai capitolo nei manuali di storia, ma importante, senza ombra di dubbio, per la coscienza di tutti e di ognuno. Fa riflettere e rimangono impresse nella mente tre fotogrammi, a mio umile parere, insuperabili: la libellula morta a 01.12; il sole di 11.47, immagine, quest’ultima, che il Farina ama moltissimo, una sorta di sigillo che appone ad alcune sue opere e, infine, il ragazzo con la maglietta rossa di 15.38 e il gesto dell’acqua che gli viene offerta per placare l’effetto del lacrimogeno.
Sono strabiliata. Dall’intelligenza, dal garbo, dalla verità di questo film. E’ nato da una sorta di spedizione di Riccardo con i suoi amici e ne è venuto fuori un capolavoro. Grazie. Per la tua generosità. L’arte vera si dona. E tu sei veramente uno scialacquatore.
M.

Anonimo ha detto...

(...continua)

L’attualità contraddittoria, le beghe della politica, la delinquenza della classe dirigente crolla davanti ad una signora con i capelli rossi ed arruffati che non ha alcuna intenzione di cedere al più forte, perché il suo vigore è quello dei giusti.
“Il benessere è questi alberi, […]non l’oro che luccica”: di fronte ad una tale convinzione il Piccolo Principe si sarebbe chinato. Tanto di cappello!
Il lacrimogeno è l’incipit della violenza, ma è soprattutto, in questo caso, il velo squarciato sulla verità dell’anima, perché “da una lacrima sul viso ho capito molte cose”. E Ricky Farina ha riportato l’attenzione sullo sguardo e sul sorriso del creato, dell’umana misura; ci riporta all’essenziale: le pietre battute dagli scarponi pesanti restano pulite, quelle battute dai binari che trafiggono le montagne e uccidono la Bellezza ci rubano il mistero creaturale, costringendoci ad una cinica terribile indifferenza. E ci fa morire.
Ricky Farina supera la filosofia delle bugie dei tempi nostri. Con sguardo che conosce solo la violenza della sensibilità al bello documenta con garbo una pagina controversa della cronaca di quest’inizio d’estate, una pagina in cui, come in tutte le cose rischiose, si preferisce che vinca la confusione e il non detto; una pagina che probabilmente non farà mai capitolo nei manuali di storia, ma importante, senza ombra di dubbio, per la coscienza di tutti e di ognuno. Fa riflettere e rimangono impresse nella mente tre fotogrammi, a mio umile parere, insuperabili: la libellula morta a 01.12; il sole di 11.47, immagine, quest’ultima, che il Farina ama moltissimo, una sorta di sigillo che appone ad alcune sue opere e, infine, il ragazzo con la maglietta rossa di 15.38 e il gesto dell’acqua che gli viene offerta per placare l’effetto del lacrimogeno.
Sono strabiliata. Dall’intelligenza, dal garbo, dalla verità di questo film. E’ nato da una sorta di spedizione di Riccardo con i suoi amici e ne è venuto fuori un capolavoro. Grazie. Per la tua generosità. L’arte vera si dona. E tu sei veramente uno scialacquatore.
M.

Anonimo ha detto...

Bello molto bello....speriamo che un girono quella locomotiva si possa rimettere in moto....

Ripazio