lunedì 7 gennaio 2008

Il sangue delle bestie

Georges Franju girò nel 1949 un documentario sui mattatoi di Parigi, era da poco
finita la seconda guerra mondiale, un altro mattatoio.

Io amo la carne. In ogni senso. Il mattatoio è una grande rimozione sociale.
Ho voluto affrontare a viso aperto queste immagini.

Queste immagini sono "il dietro le quinte" delle cotolette.

L'eleganza formale delle inquadrature(Franju è un grande regista)rende
sopportabile l'impatto emotivo sconvolgente.

Ma sconsiglio la visione di queste immagini a chi si sente
impressionabile, e a chi non vuole diventare vegetariano.




16 commenti:

Anonimo ha detto...

E' effettivamente tosta, questa qui. Dobbiamo per forza mangiare la carne? Al di là del fatto che ci piaccia, intendo. E se posso rinunciarvi io, posso altresì farvi rinunciare mio figlio? La rimozione è diabolica: delego al mattatoio l'incombenza del sangue e dell'atto d'uccidere ma devo dire (dovrò dire) a mio figlio che la sugosa bistecchina che mangia è un pezzo del vitello che ha conosciuto e carezzato sabato scorso. Mi vergogno di dover uccidere per mangiare, mi vergogno di non saper dire - senza edulcorarla - la verità a mio figlio. Non so decidermi a dirgli: da oggi niente più carne perché il nostro piacere non può passare attraverso il macello. La rimozione è peggio, per la nostra anima, dell'azione di uccidere perché - non potendo esserne inconsapevoli - ci svela la nostra ipocrisia: milioni di persone fanno in continuazione mucci-mucci al gattino e sverrebbero se vedessero una scena di macellazione "dal vivo"; nonostante questo mangiano tranquillamente cotolette, rolatine e gran bolliti. Il beccaio che centra la fronte del bovino con un gesto preciso e definitivo è - nella sua crudezza artigianale - più onesto della madama che smanuzza il micio. E anche più onesto di me.

Anonimo ha detto...

non posso che essere completamente
d'accordo con te.

ricky farina

Anonimo ha detto...

ma cos'è? per convincersi di stare a dieta?
no no no, io non guardo...

valerì

Anonimo ha detto...

..certo però, un bello spezzatino di alce, magari con tante bacche di contorno....

Anonimo ha detto...

Posso? Ieri sera, a 50mt dalla Rambla, un ristorante argentino: Paraguayo.
Quando voglio mangiare della carne eccezionale vado lì.
E mio Dio, che carne. Lo so, lo so benissimo. Non è stato tra l'altro facile nemmeno per me in un passato relativamente recente. Il profumo della carne mi pareva insopportabile. Ora che faccio? Un po' come in The Matrix (la scena della bistecca, ricordate?) sconnetto una dozzina di sinapsi e me ne fotto: mi tuffo nel piatto e nuoto nel sangue che non è mio, divoro ciccia buona, ciccia bbona. i denti ballano furiosi e la lingua come un direttore d'orchestra dirige la saliva in ogni angolo del cavo orale. Cristo che piacere profondo, se poi accompagnate il tutto con un grande vino rosso, patate al forno, chimichurri, un buon amico...
Il cannibalismo non è mai stato tanto piacevole. Perché di cannibalismo si tratta, tra animali...

Poi dal'altra parte ci sono le esigenze: di non uccidere se se ne può fare a meno. di trasformare il mondo in qualcosa di più "sano". di dare agli animali una dignità anche se non sono animali "da compagnia". di contribuire al processo di miglioramento della razza umana.
e a tutto questo io dico "sì ci sto".
Mangio meno carne di una volta. e forse questo è un inizio.

Ricordate: Paraguayo.

hal

marco ha detto...

Sono in ritardo, ma non mi esimo: che la carne non sia necessaria (neppure pesce, latticini e uova) è certificato dalle più prestigiose associazioni internazionali di nutrizionisti (America Dietetic association e Dietitians of Canada tra le molte): ciò vale in ogni fase e stadio del ciclo vitale, comprese infanzia e adolescenza, gravidanza e allattamento, ed è una dieta valida anche per chi pratica sport a livello agonistico (Carl Lewis è vegan: su youtube si trova una sua intervista mentre prepara delle lasagne completamente vegetali). Questo per chi dubita della fattibilità del vegetarismo. Da un punto di vista etico, basti il rilievo che tra specismo e razzismo o sessismo non vi sono differenze sostanziali: sono tutte pratiche che permettono la prevaricazione del forte sul debole senza che ve ne sia giustificazione. Gli animali non umani sono meno intelligenti di quelli umani? Va bene, allora vada per costolette di umani minorati psichici gravi.

Anonimo ha detto...

ciao marco, sì, ma nemmeno il sesso è necessario,
non mi sembra che il criterio di necessità sia
da applicare al piacere di un bel prosciuttino...per
quanto riguarda l'aspetto etico non ho nulla da
controbattere, hai ragione, ma purtroppo ho una
mamma fiorentina che mi ha allevato a succose
bistecche chianine e...insomma, la mamma è la
mamma, non posso contraddirla...

ricky

marco ha detto...

Caro Ricky, infatti l'obbligatorietà morale del vegetarismo deriva da due fattori concomitanti e non scindibili, ossia che (a) non c'è nessuna giustificazione etica nell'uccidere degli esseri senzienti solo in quanto di specie diversa posto che (b) la carne non è necessaria nella dieta dell'uomo. Per quanto concerne, poi, il fatto che tua mamma ti abbia allevato come fossi un felino, c'è da ringraziare il fato che tuo padre non fosse un serial killer, altrimenti vai a contraddirlo...

Anonimo ha detto...

marco, scusa un attimo:se per l'uomo fosse
necessaria la carne diventerebbe etico mangiare
un maialino? nel senso che tu fai una equivalenza
tra necessità ed etica? Spiegati meglio, sono un
laureato in filosofia, non un filosofo. Poi ci sono
questioni complicate, l'odiosa sperimentazione
sugli animali è necessaria per la salute dei noi
esseri umani? non sono un esperto, e ti prego
di contraddirmi se ne sai più di me. ma credo
che sia necessaria, a meno che non ci siano
cavie umane disponibili, ora questa necessarietà
però non è etica, in quanto si può sostenere
che la salute dell'uomo non valga più di quella
di una scimmia, insomma, sono argomenti spinosi,
come un altro che mi fa impazzire:da un incendio
tu salveresti un gattino o un gattino dipinto da
Balthus? Dio mio, è più viva l'arte o la vita?
ciao, mi piace questo confronto, ti sento preparato.

marco ha detto...

Il confronto dovremo rimandarlo a domani, quando avrò più tempo, ma mi basta un attimo per segnalarti che, in tema di necessità/inutilità della sperimentazione animale, un giudizio definitivo attualmente non è dato. Ci si limita a sottolineare che generalmente ciò che va bene o male per una specie può risultare all'opposto per un'altra; tant’è vero che i medicinali, dopo l’obbligatoria sperimentazione sugli animali, vengono sperimentati anche sugli esseri umani prima di essere messi in commercio (noto è il caso del Thalidomide, che non causò alcun effetto teratogeno nei ratti ma comportò la nascita di bambini focomelici nell'uomo). Ma a prescindere da ciò, non vedo equivalenza tra l'astratto rischio di morte per mancata introduzione di carne nell'organismo e le possibili utilità apportate dalla sperimentazione animale alla medicina, perché nel primo caso abbiamo una situazione fattuale immediata ed immediatamente risolvibile, appunto, solo con il cibarci di carne (è il classico caso giuridico dello stato di necessità che scrimina il fatto astrattamente sussumibile in una fattispecie di reato), mentre nel secondo non sappiamo se e quando il sacrificio di un numero inindividuabile di animali non umani potrà portare alla scoperta di un farmaco che possa salvare delle vite umane. Diverso sarebbe il caso di un incendio a cui si possa sottrarre uno tra un micio e... non il Balthus, ma un animale più complesso, come uno scimpanzé o un essere umano.

Anonimo ha detto...

e se nella casa in fiamme ci fossero due uomini
diversamente complessi? Che so? Borghezio e
Umberto Eco? Tu chi salveresti?

marco ha detto...

Posto che la specie non ha rilievo morale, occorerebbe effettuare una valutazione per quanto possibile accurata e quindi scegliere, probabilmente Eco; però mai mi sognerei di utilizzare Borghezio come cavia per tentare di trovare un farmaco che, forse, in un futuro ipotetico, possa essere d'aiuto per salvare Eco da un'eventuale malattia (e qui Eco si toccò).
Se ciò fosse etico, nessuno si sarebbe così tanto scandalizzato per il fatto che in Alabama, dal ‘32 al ‘72, vennero eseguiti, su ignari soggetti umani marginali, esperimenti sulla sifilide. I ricercatori erano infatti convinti che questo studio (studio Tuskegee) avrebbe permesso di conoscere gli effetti a lungo termine della sifilide e magari di curarla: ne morirono una trentina.

Anonimo ha detto...

dato che mi sei molto simpatico posso chiederti
di aggiungere un cognome al tuo nome?
Marco...sono un uomo molto curioso e dato
che tu sai che con il mio cognome ci si fa il
pane mi sembra giusto che io sappia che fare
col tuo cognome...un abbraccio, ciao, ma non
obbligatorio, ovvio, mi sei simpatico lo stesso.

marco ha detto...

Come direbbe Malle, cognome e nome Cantù Marco. Ad ogni modo, per ciò che attiene alla questione dell'astratta impossibilità di fare a meno della carne per l'homo sapiens, pena la morte, vale il principio secondo cui nella moralità, come nel diritto, vada rispettato un principio di proporzionalità: per tutelarci, possiamo sì ricorrere alla forza, ma senza esagerare, nel senso che il bene giuridico in pericolo e quello messo in pericolo con l'uso della forza debbono essere uguali o del medesimo valore. In altri termini, la teoria dei diritti riconosce, a certe condizioni, il diritto dell'individuo di fare ciò che è necessario per evitare di trovarsi in una condizione di svantaggio rispetto ad altri individui innocenti, anche se ciò comporta danneggiare degli innocenti. Qualora un soggetto si rifiutasse di fare, nel rispetto di determinate condizioni, ciò che è necessario per evitare di trovarsi in una situazione di svantaggio, il suo sarebbe un atto di abnegazione che rientra nei suoi diritti, ma che egli non ha il dovere di fare.
In merito all'obbligatorietà del vegetarismo (inteso in senso stretto, altrimenti noto come veganismo), possiamo dire che: 1)il diritto degli animali (anche umani) di non essere danneggiati è un diritto prima facie, non un diritto assoluto, nel senso che, in determinati casi, è da ritenere che tale diritto possa essere giustificabilmente disatteso (per quanto concerne i pazienti morali, le situazioni possibili sono sostanzialmente due: (a) autodifesa e/o stato di necessità da parte dell'innocente e (b) minacce innocenti poste in essere da un soggetto non qualificabile come agente morale, vuoi un bambino umano, vuoi un animale non umano); 2) i danni arrecati agli animali d'allevamento non si possono giustificare dicendo che questi animali pongono delle minacce innocenti o sia necessario da loro autodifendersi e/o gli sfruttatori arrechino tali danni a causa di uno stato di necessità; 3) per poter affrontare il problema della liceità morale dei danni arrecati agli animali d'allevamento, quindi, dobbiamo prima chiederci come si possa plausibilmente difenderla, tenuto conto del fatto che questi animali non pongono minacce di sorta e non è necessario da loro autodifenderci e/o non vi è per gli animali umani uno stato di necessità.
Sono del tutto insufficienti, per giustificare lo sfruttamento, la sofferenza e la morte degli animali non umani a causa del comportamento posto in essere da quelli umani, il principio di libertà del singolo, i piaceri del palato e/o delle attività culinarie, le abitudini alimentari, la comodità, le considerazioni di ordine economico, ecc.

Anonimo ha detto...

Messo alle strette dalle tue argomentazioni stringenti
e colte cerco di cavarmela con l'ironia, dispensatrice
di autoassoluzione arbitraria rispetto all'argomento
trattato...trovandomi in una palese situazione di
dissonanza cognitiva e morale, dovuta alla mia
consapevolezza di non avere necessità di mangiare
carne, cerco di non frequentare mattatoi(sono molto
impressionabile), cerco di immaginare che la cotoletta
sia semplicemente una cotoletta dorata e deliziosa,
che il prosciutto sia nato prosciutto e non maiale,
in altre parole mi avvalgo della facoltà di restare sereno, di dondolarmi sulla mia sedia a dondolo
senza pensare alla deforestazione, insomma,
il lavoro dell'uomo modifica anche la natura delle
cose:un filetto al pepe verde si è sublimato, si è
sciolto dalla sua natura bovina ed è diventato altro:
un'opera d'arte culinaria. Il mio è un atteggiamento
vigliacco, lo so. Continuo ad amare la tagliata di
tonno anche dopo avere visto la bellissima scena
della mattanza dei tonni nel film di Rossellini che
si chiama "Stromboli". Ma ho dei principi. Non
mangio cavalli perché amo troppo Ombre Rosse.
Non mangio balene perché sono creature che mi
incutono una soggezione abissale. E se fossi in una
terribile situazione di sopravvivenza(tipo i sopravvissuti delle Ande) riuscirei a mangiare
carne umana ma solo uomini vegetariani come
te, ti mangerei perché avrei la sensazione di essere
un vegetariano mangiando un vegetariano...e se non ci fossero vegetariani disponibili mi lascerei morire...scusami.
Ti rinnovo la mia fortissima simpatia e il mio
rispetto per la tua acuta intelligenza.

marco ha detto...

Grazie per i complimenti, che ti assicuro immeritati, rilevando peraltro in te un atteggiamento ondivago sul tema in questione, tanto da recensire il film di Franju (proprio quello che stavo cercando) e contemporaneamente dichiarare la tua volontà di evitare i macelli. Però il problema lo avverti, mi pare, tanto che ipotizzo non ti sarà facile sbarazzartene (al di là dei tuoi tentativi di dissonanza cognitiva), perché traspare all'evidenza la tua voglia di approfondire l'argomento.
La tua riluttanza credo sia la diretta conseguenza del timore della rinuncia ai piaceri della tavola. Non che ciò giustifichi anche solo minimamente il tuo comportamento (perché la verità va guardata in faccia, altrimenti è meglio non vivere), ma anche solo da questo punto di vista, mi sento di rassicurarti in ordine al fatto che la dieta vegan è una scoperta quotidiana. Anche se lo volessi, nel mio menu giornaliero non ci sarebbe più posto per la carne, davvero un alimento sopravvalutato, essendoci sempre un'alternativa migliore sia di gusto che nutrizionale. Basta provare. Con contraccambiata simpatia.