Quando mangio le banane sono felice, nelle banane
c'è la "bananità" che non è mai "banalità".
Quando mangio le banane il mio strato primordiale
e scimmiesco esulta, e mi viene voglia di inseminare
l'universo mondo. Le banane aiutano il mio cuore,
almeno così dice la cardiologa. Ma non è tanto questo,
le banane sono bananose, e bananizzano la mia vita.
E con una banana in mano potrei anche ridere davanti
alla tempesta capovolta che pietrifica il mare. Sì, senza
banane nulla ha senso. E una banana nella notte è già
amore. Tutto ciò che si sbuccia è rivelazione.
La banana non ti tradisce mai, rivela ciò che fa intuire
di sé. Eppure c'è un residuo di arcano, un retrogusto
comico di vertigine, musa acuminata, musa balbisiana,
musa che infonde un senso di sfilacciamento ontologico,
musa che infonde un senso di sfilacciamento ontologico,
di libertà solare, sì, mangiare banane è una forma di
libertà. E l'urlo ridente della scimmia che getta la buccia
oltre la gabbia è il portento bananoso della libertà.
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