giovedì 4 febbraio 2010

IL TELEFONO


Fisso il mio telefono, piccolo scrigno di voci
in attesa.

Oggi non posso fare finta di nulla: il silenzio mi ascolta.

Con il suo alfabeto indecifrabile cerca di stimolare in
me una reazione, anche di difesa.

M'illudo di trovare rifugio nel rumore, nella musica,
ma niente da fare, il silenzio è sempre presente.

Bizzarra situazione, impossibilità di fuga, il silenzio
esplode nella mia testa, non mi lascia scampo.

Che cosa vuole? Perché mi tormenta? Forse vuole
il mio cuore? La mia morte? Maledetto silenzio.

Maledetto, eppure indicibile.

Lo sento, sento il silenzio che mi scende nel sangue,
come un'eco infinita di un grido infinito.

Questo capita a chi si inabissa nello splendore
del mondo, questa è la condanna.

Sentire il silenzio che ti ascolta, e non sapere
che cosa dire, che cosa fare.

Mi arrendo o continuo a combattere? Che arma
posso usare? Il mio silenzio?

Il mio piccolo silenzio da gettare nel silenzio
dell'universo?

E poi attendere, attendere in silenzio che il telefono
squilli, e mi salvi.

"Pronto, chi parla?"

Nessuna risposta.

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