Tu non sai quello che ora sto per fare.
Mi leggi, cerchi di prevedere il tragitto
delle parole, ma non sai quello che dirò.
Forse non lo vuoi nemmeno sapere e ti
lasci andare al flusso, innocentemente.
Immagino un ragazzo che corre in un bosco,
immagino una tovaglia dal ricamo delicato,
una tovaglia bianca che più bianca non si
può, immagino una formica, una sola, sulla
tovaglia divorata dal sole, immagino la vita.
Eppure non ti parlerò di questo ragazzo che
corre nel bosco, non ti dirò il suo nome o
il colore dei suoi capelli fluenti, forse sono io,
forse è solo un'invenzione, un ricordo finto.
Ma la tovaglia c'è, ed è sempre più bianca.
Ti posso portare dove voglio, in Australia o
in Perù, ma non ti parlerò di canguri e del
Perù non ti dirò più nulla. Sei deluso? No.
Lo so che ti va bene tutto, sei un lettore amico.
Non ti fai problemi di senso. Mi accetti.
Mi accetti per quello che sono, una poesia,
una poesia nata per caso, per noia, per amore.
Per battere dei tasti e sentire pressione sui
polpastrelli. Solo per questo. Per sentirmi vivo.
Insieme a te che mi stai leggendo ora.
La tovaglia c'è, la formica è sparita, il ragazzo
continua a correre nel bosco. Hai paura?
No, lo so, non hai più paura di nulla, ti fidi.
Ti fidi del mio girovagare, del mio estro.
Non ho più nulla da dire, ti lascio, ciao.
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