martedì 8 marzo 2011

UNA POESIA DI MARIN SORESCU

IL CIECO

A volte di notte -
passata la mezzanotte
e solo il mercoledi -
gli ritornava la vista.

Era come
l'improvviso apparire di una stella,
solo e soltanto per lui:
una grande luce, dolce, vellutata,
come una candela per i neonati,
una luce come l'aureola che cinge il santo petto.
Una luce straordinaria!

Sapeva che non sarebbe durata molto.
E per averne testimonianza,
prese un gesso lì a portata di mano,
si portò dritto alla parete
e vi scrisse sopra: "Vista".
Si avvicinò poi alla porta e vi scrisse:
"Vista".
Sulla finestra: "Vista".
Sull'attacapanni: "Visto".
Sul pavimento: "Visto".

Segnava come in un indomito inventario
gli oggetti nella stanza della sua cecità.
Anche sulla mano che reggeva di solito il bastone
col quale tastava, graffiò febbrilmente:
"Oggi in tale data ho visto chiaramente
questa mano"
poi si coricò, stanco.

Nei giorni successivi
fu un cieco normale, un cieco felice,
perché tutte le cose fra le quali
brancolava
sapeva d'averle viste.

E continuò a essere un cieco felice, felice
fino a che il gesso non si fu cancellato.

(Traduzione di Andreea Florea e Giovanni abbate)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Postando questa poesia sul tuo blog, ma soprattutto con il tuo commento, hai acceso un fiammifero nel buio del mio umile lavoro circa la divulgazione (anche se è una parola "grossa")dei poeti e autori romeni. Grazie per la tua sensibilità, Ricky!!!