L'ecografia sentenziò "renella". "E che cosa devo fare?" chiese Riccardo Riccardeschi, si sentì
rispondere "beva molta, molta acqua e poi tisane spaccapietra". Bevve molta acqua e andò
in erboristeria per le tisane, fece il malato modello, ma niente da fare, il dolore al rene sinistro
perdurava, a volte lo lasciava in pace per alcune settimane, ma tornava inesorabilmente.
Passarano due anni, il dolore era diventato quotidiano, non lo lasciava libero nemmeno per
un giorno. Una mattina pisciò scuro, sembrava birra irlandese. La TAC questa volta disse
-calcolo al rene di un centimetro e mezzo-. "Chissà che dolore..." disse la dottoressa, "Ci può
giurare!" replicò Riccardo Riccardeschi. Il primo urologo che lo visitò gli disse "Signor
Riccardeschi, entreremo dal suo pisello" "Sì, ma fate in fretta che il dolore è costante"
"Vedrà che in un mesetto risolviamo tutto". Ma quale mesetto del menga, all'ospedale di
Milano gli dissero "almeno un anno". Un anno di questi dolori bastardi? Mai. Il secondo
urologo gli disse "entreremo dal suo pisello in anestesia generale, il bombardamento
extracorporeo è pericoloso, potrebbe danneggiare il rene, in due massimo tre mesi noi
la operiamo ma a Fidenza, si consideri arruolato!". A Riccardeschi piaceva come gli urologi
pronunciavano la parola "pisello", ci trovava un pizzico di ironia sadica, e questo lo
divertiva. Tre mesi? Stringerò i denti, pensò Riccardo. Effettivamente dopo tre mesi
l'ospedale di Fidenza lo chiamò per il prericovero: urine, sangue, elettrocardiogramma,
colloquio con l'anestesista che gli fece fare le boccacce "apra la bocca, tiri fuori la lingua".
L'anestesista gli sembrò tonta, mezzo addormentata, ma questo forse era un buon segno.
L'urologo di Fidenza gli disse "ancora un mesetto, abbiamo un sacco di tumori prima
e non sappiamo dove metterli", Riccardo cercò di spiegare il dolore che provava "sento
come un nido di spilli viventi qui al fianco sinistro, vado avanti a Toradol" ma l'urologo
non si lasciò commuovere "lo so signor Riccardeschi, non è vita, ma ci sono prima i
tumori". Ubi maior minor cessat. E Riccardo si disse "devi stringere i denti ancora per
un mesetto" ma la vaga espressione "mesetto", poco scientifica a dire la verità, non
lasciava presagire nulla di buono. Passato il famoso "mesetto" Riccardeschi provò a
telefonare all'ospedale di Fidenza per avere lumi sul suo intervento, e niente, nessuno
rispondeva, ospedale fantasma, era estate, saranno tutti al mare, ma no, non è possibile.
Fece squillare a vuoto il telefono per un giorno intero. Nessuna risposta. Basta, non
ne posso più, non ne posso più. Riccardeschi fece la valigia e si presentò al reparto
urologia di Fidenza, andò in accettazione, e con molta calma iniziò a gridare "Ora
mi operate, cazzo, mi operate oggi, io non ce la faccio più, se non mi operate faccio
un casino, spacco tutto, è chiaro?". Quella rabbia razionale spaventò l'infermiera
che chiamò la sicurezza, poi venne la polizia e Riccardeschi fu portato in questura.
"Voglio denunciare l'ospedale di Fidenza, mi stanno facendo scoppiare il rene, non
sono un fachiro, vivo con dentro una selva di spilli che mi stanno rovinando la vita
e l'umore, la mia donna non ne può più e mi vuole lasciare, sono diventato irritabile,
m'incazzo per qualsiasi cosa, se non vengo operato subito, uccido qualcuno".
Anche in questura si spaventarono e chiamarono i giornalisti, Riccardeschi diventò
un caso nazionale, un simbolo della malasanità, veniva invitato in tutte le trasmissioni,
divenne suo malgrado un eroe o forse è meglio dire un martire, un martire renale.
"Che cosa vuole dire a tutti quelli che hanno un calcolo al rene come lei?" "Voglio
dire solo questo: assaltate tutti gli ospedali, rivoluzioneee, fate delle molotov con le
flebo, a ferro e fuoco!". L'ospedale di Fidenza restò irremovibile "abbiamo detto un
mesetto, ci sono prima i tumori, non possiamo fare favoritismi". Il rene di Riccardeschi
era ormai al limite, tutto dilatato, e un giornò scoppiò, prima di morire Riccardo disse
"ma da quanti giorni è composto questo cazzo di mesetto?". Ci furono funerali di Stato.
E queste sono soddisfazioni! Sulla sua lapide incisero questa parola "un mesetto".
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