Gianni Crazzo si presentava a tutte quelle che gli piacevano dicendo: "Ciao, sono Gianni Crazzo
e il mio cognome fa rima con la parte più grande di me, vuoi scopare?". Molte donne dicevano
di sì, una disse "Ok, mi sei simpatico, vai subito al sodo, non sei noioso, vediamo se a letto sei
altrettanto efficace". Aveva un certo successo anche perché Gianni Crazzo scopava bene, sapeva
prenderle con la giusta forza, le ribaltava, le sculacciava, le leccava, anzi: mangiava la fica.
Aveva un ottimo atrezzo, lungo e largo e una cappella di tutto rispetto. E soprattutto sapeva
muoversi, spinte pelviche maschie, a volte implacabili, soprattutto sul finale. Alcune però
reagivano male "non me ne frega un cazzo del suo cazzo signor Gianni Crazzo". Ma Gianni
accettava i rifiuti con eleganza, si toglieva il parrucchino, si inchinava e se ne andava via.
Gianni Crazzo era un rappresentante di scarpe di lusso. Guadagnava bene, viaggiava su una
Alfa Romeo Spider Cabrio rossa, il classico dei classici, e si vestiva con camicie bianche
sbottonate fino ai capezzoli e pantaloni di lino, anche in inverno, e non aveva mai probelmi
di salute: mai una febbre, mai un raffreddore, mai un mal di testa. Insomma: scoppiava di salute.
Fumava Gitanes, aveva una cicatrice sul volto che lo rendeva molto sexy, un naso da pugile,
un sorriso smagliante, non era sposato, non aveva figli, amava la musica classica, soprattutto
Mozart. La sua casa era uno scannatoio: divani di pelle, luci soffuse, oggetti di design, e
anche qualche quadro non banale appeso alle pareti, per non parlare della sua terrazza con
divanetto di vimini, piante tropicali, carrello bar con tutte le bottiglie possibili. Le donne
impazzivano per Gianni Crazzo, era divertente, non tanta cultura da imbarazzare, la giusta
cultura per non fare la figura della testa vuota, e tante passioni: lo sci di fondo, il nuoto,
il paracadutismo, i vasi antichi, le maschere africane, la cucina, i viaggi e la cocaina.
Quando iniziò a perdere capelli non ne fece un dramma, andò allo specchio e si fece una
grande risata da quasi calvo. Però usava il parrucchino, non per nascondere la pelata, no, non
era preoccupato della pelata, usava il parrucchino perché quando portava le donne nel
suo scannatoio diceva "e ora fammi un pompino violento da farmi saltare via il parrucchino".
Una notte, una certa Giulia Mastrocchi, gli fece un pompino così violento che il parrucchino
di Gianni Crazzo finì sul lampadario. Con Giulia ebba una relazione di alcuni mesi, la storia
più lunga della sua vita di scopatore incallito. Collezionava le mutandine di tutte le donne
con cui era stato e ci riempiva il cassettone della camera da letto. Una sera Gianni Crazzo
era sulla terrazza a godersi un Martini, era insolitamente pensieroso, si grattò il collo,
si tolse l'orologio perché aveva la sensazione che gli stesse stritolando il polso, si sbottonò
la camicia fino in fondo, se la tolse, iniziò ad avvertire un prurito al cazzo molto forte,
la fronte si imperlò di sudore, si levò i pantaloni, le mutande, e sentì un calore fortissimo
sulle palle e sul cazzo, dal cielo un UFO lo stava colpendo con un laser proprio sui genitali,
e vide una cosa mostruosa: il cazzo si scioglieva come burro e poco a poco una voragine slabbrata
prese il suo posto, era una sorta di fica mostruosa e purulenta che mandava odore di pesce.
Gianni Crazzo ebbe la sfortuna di imbattersi nei MICRONSPUTTAN, una stirpe aliena
che odiava tutti gli scopatori e trasformava i genitali maschili in fiche aliene orribili.
I MICRONSPUTTAN avevano appunto ideato un raggio laser che agiva in pochi minuti.
Fu così che Gianni Crazzo si lanciò dalla sua terrazza e si schiantò sull'asfalto dopo
otto piani di volo. Mentre precipitava urlò "W la fica!" e gli volò il parrucchino che
finì nella piscina di Dorothy Lemm, una pornostrar in pensione che stava morendo
proprio in quel momento, nel momento in cui il parrucchino di Crazzo finì nella sua
piscina azzurra. Giulia Mastrocchi fu l'unica che pianse al suo funerale, le altre ridevano.
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