Medea: Nicola e il silenzio: una casa che deve restare muta e la musica che esplode dagli intimi recessi dell'uomo. Riccardo e gli occhi: una casa che canta fin nell'intime midolla e la musica che si espande, come acqua che rompe gli argini e straripa, arrivando ovunque, perchè non conosce confine. Nicola è una malinconia, ma è lo sguardo che lo conduce fuori di sè a portarmi dentro, a temere gli specchi, a stupirmi della grazia, a comporre un puzzle di note, di voce, di parole, di metri; Nicola è come quel passo dell'Odissea in cui Omero cantava: "Straniero, poichè tu non somigli per niente ad uomo sciocco e volgare, Zeus Olimpio, proprio lui, che distribuisce felicità agli uomini, ai buoni e ai cattivi, come lui vuole, anche a te diede quanto ti tocca: bisogna sopportare, comunque". (Mi pare che sia il libro VI, ma potrei sbagliare). Lo dice Nausicaa, la vergine, ad Odisseo, che arriva dal mare e non le fa paura. Nicola ha il mare negli occhi, con quelle domande in sospeso, quei sogni in sospeso, quelle consolazioni in sospeso, quei piaceri in sospeso che solo il mare sa dare e sa carezzare, quelle ricerche continue, quelle saggezze in agguato, quei desideri abissali, quelle intuizioni tempestose. Riccardo è il mare. La superficie che brilla e l'onda che ha mille dita. L'abisso irraggiungibile e l'orizzonte così vicino. Nicolino è tutti noi, con una parola soltanto ci avrebbe "narrati", senza sconti. "Regalami parole accessibili al mio cuore analfabeta, assiduo ai fiori dei prati": quando mi scrisse queste parole, gli risposi con la fotografia di una pietra che avevo appena portato via dalla spiaggia e lui: "Si t'acchiappo, te sciupo". Siete esseri d'eccezione. Grazie.
7 commenti:
Medea:
Nicola e il silenzio: una casa che deve restare muta e la musica che esplode dagli intimi recessi dell'uomo.
Riccardo e gli occhi: una casa che canta fin nell'intime midolla e la musica che si espande, come acqua che rompe gli argini e straripa, arrivando ovunque, perchè non conosce confine.
Nicola è una malinconia, ma è lo sguardo che lo conduce fuori di sè a portarmi dentro, a temere gli specchi, a stupirmi della grazia, a comporre un puzzle di note, di voce, di parole, di metri; Nicola è come quel passo dell'Odissea in cui Omero cantava:
"Straniero, poichè tu non somigli per niente ad uomo sciocco e volgare,
Zeus Olimpio, proprio lui, che distribuisce felicità agli uomini,
ai buoni e ai cattivi, come lui vuole, anche a te diede quanto ti tocca:
bisogna sopportare, comunque".
(Mi pare che sia il libro VI, ma potrei sbagliare).
Lo dice Nausicaa, la vergine, ad Odisseo, che arriva dal mare e non le fa paura. Nicola ha il mare negli occhi, con quelle domande in sospeso, quei sogni in sospeso, quelle consolazioni in sospeso, quei piaceri in sospeso che solo il mare sa dare e sa carezzare, quelle ricerche continue, quelle saggezze in agguato, quei desideri abissali, quelle intuizioni tempestose. Riccardo è il mare. La superficie che brilla e l'onda che ha mille dita. L'abisso irraggiungibile e l'orizzonte così vicino.
Nicolino è tutti noi, con una parola soltanto ci avrebbe "narrati", senza sconti.
"Regalami parole accessibili al mio cuore analfabeta, assiduo ai fiori dei prati": quando mi scrisse queste parole, gli risposi con la fotografia di una pietra che avevo appena portato via dalla spiaggia e lui: "Si t'acchiappo, te sciupo".
Siete esseri d'eccezione.
Grazie.
Taciturnità è un termine kierkardiano. Quindi mi piace.
Tu lo hai letto Kierkegaard ricky?
Aspè pure nel Zararhustra c'è... verooooohhh?
Vabbeh sbaglio qualche consonante (causa smartphone) tanto mica siamo alla ruota della fortuna.
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