domenica 8 ottobre 2017

FA BENE

Scendo a Termini e prendo un taxi per il policlinico Umberto I, 
poco distante arrivo quasi subito, chiedo per la camera 
mortuaria dove giace il corpo di un poeta, Nicolino Pompa.
Trovo seduti sopra una panca tre persone, hanno una
bottiglia di vino rosso e un mazzo di rose bianche fatte
con la carta. Ci presentiamo, sono Alessandro, il primo
figlio di Nicolino (il suo primo "gemito", come usava dire
scherzando), Luigi Guercia, amico di Alessandro e un
uomo con un dito ingessato di nome Salvatore. 
Il vino rosso fa da conduttore di un improvviso sentimento
di amicizia. Luigi Guercia è un ex maestro elementare,
non conosceva Nicolino, mi confida di essere un SFD,
senza fissa dimora, e che se non avesse oggettivato
il proprio dolore con un racconto per una storia d'amore
finita con morsi e disperazione, sarebbe finito dritto al
manicomio. Alessandro è piccolo di statura come
Nicolino, ha quasi gli stessi occhi del padre, e lotta con
il proprio dolore attraverso il suo senso dell'umorismo,
dato che è abbastanza grassottello gli piace sfottersi
con il nomignolo di "morbidyck". Salvatore è un uomo
dallo sguardo pulito e scopro che è allievo di Alessandro,
maestro di scacchi. Alessandro mi dice che Nicolino 
era un grande giocatore di dama ma con gli scacchi
non ci prendeva molto. Dopo un'ora ci raggiunge
Donatella con il suo sorriso solare, ci mancava una
donna e la conversazione si rianima. Luigi Guercia
conosce Nicolino solo attraverso i racconti del figlio
Alessandro, e si discute su Paladino Sghembo,
sostiene che non bisogna farne un santino, gli dico
che Nicolino sarebbe stato il primo ad ammettere i
propri difetti e le proprie mancanze. Donatella che
di professione fa l'avvocato difende Nicolino a spada
tratta, e ci travolge con il suo amore incondizionato.
Un poeta è un poeta, ma il dolore del figlio ci fa
capire che Nicolino è stato anche un padre bellissimo,
anche se difficile sicuramente. L'addetto alla camera
mortuaria ci rimprovera con professionalità, non
possiamo venire alla spicciolata, lui non può portare
avanti e indietro il cadavere dalla cella frigorifera,
altrimenti il cadavere si sfalda. "Volete salutare papà?"
ci chiede con dolcezza il figlio. Entro nella camera
mortuaria, un lettino, un lenzuolo bianco, e il volto
di Nicolino. C'è una mosca impertinente che viene
subito scacciata. Non sento serenità nel volto di
Nicolino, quella stupida serenità dei morti, la morte
lo infastidisce, lo sento, gli è rimasta una poesia
in gola, ed è quasi incazzato. Allora gli accarezzo
i capelli due volte, e sento i suoi capelli ancora
vivi sulle mie dita, chiudo gli occhi e sogno la sua
voce, ancora una volta e per sempre. Tutto verrà
bruciato. No, non tutto. L'amore vive oltre la cenere.
Fa bene sapere che esisti e mandarti un saluto,
fa bene, al pensiero di te, staccare un minuto.
Fa bene portarti a passeggio dentro di me, e
sorridere agli altri che non sanno il perché.
Erano di Nicolino questi versi, ieri me li sono
imparati a memoria, mi porterò a passeggio
dentro di me questi versi. E sorriderò agli altri.

1 commento:

Engy ha detto...

fa bene, e' vero.