Voglio condurre il gioco fino alle fine.
Seguire il flusso notturno delle tue ferite
per approdare alla forma pura del silenzio.
E potare gli incantesimi fioriti di ogni
abbandono. Voglio, e non so dire vorrei.
L'erba del mio giardino è prepotente.
Irride col suo verde le radici inquiete
della metamorfosi, impasta sogno e follia
nel cuore caramelloso della quercia.
Umida terra di grembo fatale, cartilagine
secca del passato, l'erba del mio vicino
è sempre meno verde, è gialla, allucinata
di sole, affamata di pioggia, e non so
sognare un verde più profondo del mio,
clorofollia del delirio, involontaria
pietrificazione della mente, tracimazione
di un concime sudicio di vita, dove ogni
respiro è fango ingoiato dal cielo, nel
fogliame del mio cervello il passo felpato
del dubbio spalanca l'unica certezza
possibile: è catrame infinito la Notte.
1 commento:
Abisso ed estasi. "E' catrame infinito la Notte": perchè ci sono notti di luce accecante. Che graffiano. Tanto quanto il catrame. Che bruciano proprio come il catrame nei pomeriggi di calura. Notti che si sciolgono come ferro rovente. E si insuperbiscono sotto la pelle come un maleficio. Si può approdare alla "forma pura del silenzio" penetrando le ferite? stringendo tra i polpastrelli indiscreti quell'umor nero dell'amore? L'erba prepotente allora è quella del titano. E' quella del mostro che per sua natura è meraviglia. E' l'erba che centellina speranza, che è solo l'altra faccia dell'attesa. E' l'illusione del disperato. E' la certezza del folle che blatera di ritorni. Inconciliabili con le dinamiche degli spazi. Improponibili ad un tempo ingabbiato dentro l'eternità. Come se l'eternità potesse per davvero contenere!
La "clorofollia del delirio" ha un colore così brillante. Acceca. Ed è così densa che scorre a fatica tra bocca e cuore. Tra dita e anima. La "pietrificazione della mente" ha una musica trascinante e tracima fango che, hai ragione, solo il cielo può ingoiare.
Forse è uno "strano" canto d'amore universale. Forse è fuoco che divampa tra covoni di paglia. E si fa estatico abbandono. Tra le braccia dei rifiuti. Per non morire.
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