giovedì 27 novembre 2008

RIFLESSIONI SULLO ZOO

John Berger: " lo zoo dove la gente va per incontrare gli animali,
per osservarli, per vederli, è in realtà un monumento all'impossibilità
di tali incontri....Quando furono fondati- quello di Londra nel
1828, il Jardin des Plantes nel 1793, quello di Berlino nel 1844-
gli zoo diedero un prestigio considerevole alle capitali di quelle
nazioni...sanzionarono il moderno potere coloniale. La cattura
di animali era la rappresentazione simbolica della conquista
di tutte le terre lontane ed esotiche. Gli "esploratori" davano
prova del loro patriottismo inviando in patria una tigre o un
elefante. Nelle relazioni diplomatiche il dono di un animale
esotico allo zoo della metropoli divenne un simbolo di ossequio
da parte delle nazioni assoggettate...I visitatori vanno allo zoo
per guardare gli animali. Vanno da una gabbia all'altra, proprio
come i visitatori di una galleria d'arte si fermano davanti a un
quadro, ogni gabbia è una cornice che inquadra l'animale che
vi è racchiuso. Eppure in uno zoo la visione è sempre difettosa.
Come una fotografia non a fuoco...trasparenza, spazio e aria
si sono ridotti a puri simulacri...in uno zoo il visitatore non
incontrerà mai lo sguardo di un animale...gli animali sono
stati immunizzati dall'incontro...marginalizzati..."

Abbiamo perso lo sguardo, l'incontro con l'animale, e così
abbiamo perso noi stessi, le nostre origini.

L'animale domestico in realtà ci rimanda sempre la nostra
immagine, è come guardarsi allo specchio. Non vediamo
mai l'animale, vediamo noi stessi, la nostra relazione
falsata, artefatta, sterilizzata, il mistero di un altro essere
viene ridotto a poco più di un "peluche senziente".

Marginalizzando e ghettizzando gli animali nello zoo
abbiamo marginalizzato e ghettizzato noi stessi.
Siamo noi a essere prigionieri, prigionieri di una logica
capitalistica che crea "fondali illusori", il più terribile
di tutti è la televisione, lo zoo dei nostri tempi.

Qualcuno ha detto che Dio ha creato i gatti per
permettere all'uomo di accarezzare le tigri, penso
che fosse Victor Hugo, ma chi sa più che cosa è
una tigre?

Del circo parleremo un'altra volta.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La cornice, cioè la gabbia, inquadra e impedisce o sminuisce. Ma non è sempre così. Ho ben vivo questo ricordo: ero allo zoo di Torino, che non esiste più da decenni ormai, e me ne stavo, con altra gente, davanti alla cornice del giaguaro e della giaguara. La presenza di tutta quella gente pareva affatto indifferente ai due raffigurati nel quadro (s'è mai visto un quadro guardare il visitatore?). Caso vuole che fossero le cinque, circa, e dunque l'ora della distribuzione della pappa. Un addetto apre un piccolo portello metallico e butta un trancio di carnaccia che la giaguara afferra e porta in un angolo. L'addetto butta un altro pezzo, la giaguara si muove verso questo nuovo boccone ma, in quella, il giaguaro - muso a terra - emette un ruggito che direi: profondo. Nessuno è rimasto indifferente a questa situazione "acustica": io ho sentito le budella torcersi e chi era appoggiato alla ringhiera ha fatto un balzo all'indietro. La giaguara ha desistito, la "gente" ha tratto un sospirone e mi è rimasto forte il sospetto che qualcuno abbia sporcato le mutande. Quella volta la "gente" ha visto, o perlomeno intravisto, l'animale.