Notte insonne. Pecore zoppe che non
saltano lo steccato. Stelle accese nella
testa. I ricordi, uno dopo l'altro, vengono
a cercarmi, a supplicare un brivido in
questo presente acido e scivoloso.
Non puoi chiamare veglia il tormento
della coscienza, è una tragedia di attimi
così lucidi e spietati che viene meno
il respiro, si incarna il vuoto del mondo
nell'apparente, simulata presenza.
Mimica disperata dell'invisibile è il gesto
mozzato, la vana attesa di un sogno
che plachi il lamento dei morti, ti chiamano
le ombre con voce immobile, trasparente
inganno è il confine che ti separa da loro.
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