Stavo riposando, e respirando con la bocca aperta,
fuori dalla finestra socchiusa il mondo si divertiva
un mondo, si divertiva a essere mondano, una festa
pietrificata, quasi come una foresta, e uccelli tropicali
venivano risucchiati da arcobaleni feroci. Il mondo
era puro, era mondo. E le radici sognavano il cielo.
Tutti erravano ma sul sentiero giusto, e il sentiero
giusto era il sentiero della follia. Il mondo era mondo.
Gli innamorati si tradivano per un tozzo di pane.
Gli affamati si donavano morsi rari da collezione.
Gli assassini giocavano a fare il morto sul mare.
Le chiese erano allagate di benzina, e ogni preghiera
era un fiammifero. I topi ballavano insieme ai gatti.
Un terremoto era solo la discoteca ctonia dei cadaveri.
Tutto era felicità, anche il dolore. E io per sbaglio
ingoiai un occhio. E mi trovai a vivere le viscere come
orizzonti attorcigliati e sanguinanti. L'occhio era
immondo, l'iride leccava l'intestino, i granchi rossi
dell'addio urlavano, e con le chele perforavano l'occhio.
L'occhio ingoiato era diventato cieco, e furente.
Un tumore di tenebre impazzite assecondava la sua
follia. La follia dell'occhio buio. E poi lo vomitai.
E mi svegliai nel mondo che era mondo: puro di me.
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