Appena letta una poesia di Léon-Paul Fargue,
così bella, così bella che mi dico: ora anche
io ne scriverò una altrettanto bella, ma prima,
per cautelarmi, inserisco la sua nella mia,
così sono sicuro che brillerò almeno di luce
riflessa, una piccola astuzia da niente, ecco:
Spleen
In una vecchia piazza con giardino
dove l'oceano del maltempo piazza il sedere
sopra una panchina avvilita
dagli occhi di pioggia
a causa d'una bionda
rozza e avvenente
m'annoio
in questo cabaret del Niente
che è la vita.
E mi ripeto l'ultimo verso: in questo cabaret del Niente
che è la vita...e mi vengono i brividi.
Poi penso che spleen deriva dal greco e significa milza,
e mi dico: quanta poesia ha creato questo organo linfoide!
E io manco so dove sia la milza, e nemmeno la poesia.
Sono colto da umore nero, da bile fantastica!
Mi arrabbio, anzi: m'incazzo!
Mi palpo il corpo alla ricerca della milza.
Dove sarà questa puttana?
Poi scopro su wikipedia che nei soggetti sani
la milza non è palpabile!
Sfugge la puttana, prima dovrebbe ingrossarsi.
E sogno una megamilza che mi faccia scrivere
un verso sano. Un verso, uno solo, degno di essere
ricordato, degno di una milza poetica.
Ma niente, niente di niente, mi sfugge anche
la milza.
1 commento:
Burp
Posta un commento