Mi ricordo di quando mi finì una goccia di limone nell'occhio
al ristorante. Andai al cesso a bagnarlo, cristo, che sensazione
acida e oculare, che inferno limpido di ceramica urlante.
E mi ricordo di quel cretino, quel mio compagno di scuola
cretino che per gioco mi schiaffeggiò i testicoli, che dolore
bastardo, e non la finiva più di ridere, poi è diventato un
cazzo di ingegnere, lo incontrai al supermercato e mi disse
che "faceva pompe" e poi specificò "pompe idrauliche".
Si sentiva spiritoso, evidentemente, quel bastardo di razza.
Ricordare un dolore passato è una forma di felicità, una
carezza che viene da lontano, da orizzonti di urlo fradicio.
Ma il dolore più vivo è il dolore degli altri, quando ti senti
impotente, quando non puoi nulla, e la vita ti cola dalla
bocca come una saliva nera, e vorresti strizzare un limone
negli occhi della morte, ma non puoi nulla, più impotente
di chi muore in un ultimo sussulto di agonia arcobaleno.
2 commenti:
A che servono le nuvole in cielo, se io ho voglia di fica?
E a che ti serve una fica nel cielo della tua mente, se
le fiche pulsano nella realtà?
Posta un commento