Rileggo un pensiero tratto dal diario di Delacroix.
"Il vuoto, il grande nero che abbiamo dentro...".
Un genio malato di genio, scriveva Baudelaire.
E mi sembra di sentire l'origine dei suoi colori
fiammeggianti, e di percepire l'eco del ruggito
dei suoi leoni braccati dall'uomo, le pennellate
vorticose, il rubino del delirio nel cuore vitreo
della realtà, e il velluto delle tempeste sacre.
Quei gialli feroci nati da una partitura d'ombre.
La luce d'oriente che evoca la malinconia e il
massacro nasce da quel grande nero che portiamo
dentro. Da quel vuoto acceso. La pittura si fa
sinfonia di estasi carnale. Musica del respiro.
Ed è un abbandono violento alla quiete dell'arte.
Lussureggiante, incandescente frenesia di chi
è sprofondato con gli occhi nelle tenebre ed è
risorto per farsi divorare dal sole: Delacroix.
Nessun commento:
Posta un commento