mercoledì 1 giugno 2011

MADAME CORELLI

1 commento:

Anonimo ha detto...

Madame Corelli. A lei piacciono “le foto in bianco e nero o i ritratti in seppia” e un accento meridionale che sa di vamp. Una vamp è Madame Corelli, ostenta una fatalità da copertina, che è maschera per la sopravvivenza. Nella malinconia che ama e non le fa tristezza è tutta la sua voglia di vivere e di giocare. Nelle sue mani di bambina e nelle sue labbra di femmina sono tutte le sue antinomie. Una vampira che fa appena intravedere un attimo di imbarazzo davanti alla macchina da presa.
E’ questo il secondo ritratto in cui viene fuori una sensualità giovane, inaspettata: dopo Amanda Lim, ecco Madame Corelli e la sua mania di attorcigliare i capelli tra le dita e godere del risultato boccoluto. Mi colpisce il dualismo maschera-volto che la disorienta: atipica folle la nostra Madame. Ammiccante nel chiederti la riverenza di versarle del vino.
Condivido con lei la passione per gli archi, ho più volte vagheggiato, vaneggiando, le mani stregate dei violinisti, quei violinisti che accarezzano le corde del proprio strumento e intanto ti ammaliano l’anima, quei violinisti che diventano incantatori di lune e di serpenti al tempo stesso e che ti fanno come schiava di una strana malìa, come se fossi preda di un incantamento inspiegabile che ti fa toccare gli inferi per risucchiarti vorticosamente in fiabeschi Campi Elisi di dimenticanza… Non vedo però nel tocco delle corde delicatezza: piuttosto una sapienza magistrale, colta, una eccezionale padronanza di un territorio inesplorato eppure esplorabile; vibrano sotto le loro mani le note o il corpo di una donna, indifferentemente, per dar vita al “trillo del diavolo”!
Trovo qui la Bellezza di Madame Corelli, la sua carnalità misticheggiante, quel suo desiderar d’essere una corda tra le mani di un violoncellista… che in fondo è la sua verità. La sua umanità. Ciò che la avvicina a me, gelosissima plebea, nascosta in un anfratto in cui il mare respira ancora.
È dolcissima questa ragazza. Come i suoi occhi vivi, veraci… come la sua pelle olivastra e quella luce che pare le appartenga da sempre in un perpetuo tramonto che è per lei soltanto. Meraviglioso il suo volto, quelle labbra carnose e sapientemente mosse al ritmo della sua interiore smania di esistere. Una vezzosetta gatta morta per gioco, una adorabile venere rigogliosa… e assetata d’esistenza. Bellissima, ma ovviamente insicura.
Da 5.09 a 5.21 la sequenza più bella: in quel vino tremante nel bicchiere è Madame. Lei è tutta lì: trema come quel vino, arde di sete di vivere. Vuole spogliarla la vita, come farebbe una baccante. O, più semplicemente, come farebbe una donna innamorata.
La prima volta che ho visto il film ho odiato Madame Corelli: ho sentito un profondissimo senso di minaccia. Non saprei difendermi dai suoi vampireschi attacchi di femminilità; gelosa come sono del “mio” regista. Ora la amo, perché ne comprendo l’umanità e le ho levato il trucco. Per rappacificarmi con me stessa e con i fantasmi.
“Riccardo”, mi versi del vino? …e poi potrò raccontarti una nuova favola. Da inventarmi.
Sei un maledetto mostro. Uno che perde i pensieri perché poi li dimentica e non ha la mano tanto veloce che possa seguirli per farne un memorandum. Io ti ringrazio. Perché ora i tuoi film aggiungono la rabbia alla goduria, l’ira, l’offesa, l’ansia, la difesa.
Che rapporto maniacale che ho con le tue immagini. Altro che fan, sono una mitomane. Se do fuori di matto mi metto in testa che per proteggere il tuo genio devo mangiarti. “Riccardo, io devo mangiarti!”
M.