Un commento recente mi ha colpito, un commento al mio film A fil di lama,
una donna ha parlato di "furto di identità", come se io avessi rubato l'identità
di Marco e poi l'avessi esposta al pubblico ludibrio. In quel film Marco si
spreme un limone negli occhi e lo fa per andare oltre, per "nettare" il proprio
sguardo e anche per altri motivi: proteggersi dal mondo, manifestando la
propria forza. C'è del sublime, ma all'occhio inesperto o volgare tutto ciò
può sembrare ridicolo e Marco può sembrare un matto incosciente. Ho risposto
alla signora che il film è stato girato in reciproca serenità tra me e Marco,
e che forse la signora dovrebbe affinare la propria percezione, distinguendo
il sublime dal ridicolo, e ovviamente le ho consigliato di leggere Baudelaire
e nello specifico la poesia Il cigno. Però su una cosa la signora ha colto nel segno:
io sono un ladro. Ti entro in casa (la tua anima) e ti alleggerisco, proprio
come fanno i ladri, che in un'ottica francescana sono solo dei benefattori, mentre
nell'ottica leghista vanno uccisi con pistolettate alla schiena. Sono un ladro.
Ogni mio film è un furto. Molti mi spalancano la casa, altri sono ignari del
mio furto. Ma io rubo, rubo sempre, per questo sono il migliore ritrattista
in circolazione, perché sono un ladro. Mi porto via l'argenteria dei vostri volti.
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